Nicola Zingaretti ha rilasciato un’intervista a “La Repubblica”. Il leader del Partito Democratico guarda alle imminenti elezioni regionali, in particolare in Emilia Romagna, e agli orizzonti futuri. Emilia Romagna e partito nuovo “Vinciamo in Emilia-Romagna, il Pd sta facendo la campagna elettorale per Bonaccini in splendida solitudine (senza l’appoggio di Iv e M5s), e poi cambio tutto: sciolgo il Pd e lancio il nuovo partito“. Così ha detto Zingaretti, spiegando: “Non penso a un nuovo partito, ma a un partito nuovo, un partito che fa contare le persone ed è organizzato in ogni angolo del Paese“.
Il segretario del Partito Democratico ha spiegato: “In questi mesi la domanda di politica è cresciuta, non diminuita. E noi dobbiamo aprirci e cambiare per raccoglierla. Dobbiamo aprirci ai movimenti che stanno riempiendo le piazze. Dobbiamo aprirci alla società e ai movimenti che stanno riempiendo le piazze in queste settimane. Non voglio lanciare un’opa sulle sardine, rispetto la loro autonomia: ma voglio offrire un approdo a chi non ce l’ha…“.
La linea unitaria – ha ricordato Zingaretti – sta pagando, come dimostrano i sondaggi, e casomai apre contraddizioni in chi non vuole scegliere. L’Italia sta gradualmente tornando a uno schema bipolare. Non è il tempo di distruggere, ma di costruire subito una visione e poi un’azione comune, su pochi capitoli chiari: come creare lavoro, cosa significa green new deal, come si rilancia la conoscenza, come si ricostruiscono politiche industriali credibili nell’era digitale.
La nuova legge elettorale ci indica una sfida: dobbiamo costruire il soggetto politico dell’alternativa, convocando un congresso con una proposta politica e organizzativa di radicale innovazione e apertura. Dobbiamo rivolgerci però alle persone, e non alla politica ‘organizzata.
Parlando del governo, “è inutile che ci giriamo intorno, non possiamo fare melina fino al 26 gennaio, non possiamo fare ogni giorno l’elenco delle cose sulle quali non c’è accordo nella maggioranza”, ha aggiunto il segretario dem. “Purtroppo questo è il risultato della cultura delle ‘bandierine’, in cui ci si illude di esistere solo se si difende una cosa. Lo dico ogni giorno a Conte e a Di Maio: un’alleanza è come un’orchestra, il giudizio si dà sull’esecuzione dell’opera, non sulla fuga di un solista che casomai dà pure fastidio alle orecchie”, ha detto parlando e volendo smentire l’accusa si subalternità al Movimento.
Il Pd è salvo, oggi non è più il partito debole, isolato e sconfitto del 4 marzo 2018. Abbiamo retto l’urto di due scissioni, e oggi i sondaggi ci danno al 20%. Siamo il secondo partito italiano, e siamo l’unico partito nazionale dell’alleanza, l’unico che si presenta ovunque alle elezioni, l’unico sul quale si può cementare il pilastro della resistenza alle destre.
Arianna Manzi