Il regime degli Ayatollah alla prova

Tutto l’Occidente è ben consapevole che il Presidente degli Usa, Donald Trump, non si preoccupa di aver un interlocutore politico prudente, in quell’area che è il Medio Oriente che non trova pace e stabilità da decenni, ma solo un nemico da abbattere. E questa sua non preoccupazione l’ha portato a decretare la morte del generale iraniano Quassem Soleimani, che pur essendo un militare era probabilmente, insieme alla Guida Suprema dell’Iran, l’Ayatollah Alì Khamenei, l’uomo più popolare del suo Paese. Soleimani sicuramente è stato uno dei nemici più spietati degli americani in Iraq. Era diventato un eroe nazionale e forse possibile successore dell’Ayatollah. Ma anche di questo Trump non ne ha tenuto conto. Suo unico obiettivo era quello di abbattere il regime e apportare un sostanziale cambiamento nel Paese.Se questo era il suo scopo, la morte del generale iraniano, sembra aver sortito l’effetto opposto, anche se dopo l’abbattimento dell’aereo ucraino da parte dell’aeronautica iraniana, ha riportato la gente in piazza a manifestare contro il regime degli Ayatollah. E’ sotto gli occhi di tutti che la mossa del Presidente americano e del suo staff, è stata dettata dalla preoccupazione dell’impeachment, e quindi l’aver decretato l’assassinio di Solemaini è diventato un modo per distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica americana, dagli intrighi del suo Presidente. Però Trump ritiene che la maggioranza degli americani detesti l’Iran e veda in lui un leader risoluto e capace di adottare misure forti e ispirate da quello che è considerato un vitale interesse degli Stati Uniti.E’ dalla cacciata dello Scià che i due Paesi si odiano. Gli americani vedevano in Reza Pahlevi una sorta di sentinella nel Golfo Persico, mentre gli iraniani lo consideravano un golpista e un usurpatore. Ma gli americani non hanno mai dimenticato il sequestro di 53 cittadini americani per 444 giorni fino al 20 gennaio 1981. Fu considerato un gesto banditesco e imperdonabile. Difronte a questa situazione, l’Unione Europea sarebbe stata, per portare avanti trattative con l’Iran, il migliore degli interlocutori e sicuramente tra i suoi membri l’Italia, che nel corso degli anni ha saputo tessere una serie di relazioni economiche e commerciali che hanno favorito molto la crescita del Paese degli Ayatollah. Ma tutto ciò non è voluto da Trump, che dopo aver letteralmente stracciato l’accordo voluto da Obama e dall’Unione Europea sul nucleare, ha costretto l’Europa a nuove sanzioni nei confronti dell’Iran ed attende solo che la gente scenda in piazza per rovesciare il regime. L’Europa, rincresce dirlo, è diventato un convitato di pietra che assiste passivamente ai capricci dell’alleato Nord Atlantico. Naturalmente con questo non si vuole assolutamente sostenere che l’Iran sia un’isola felice e la culla dei diritti umani, al contrario, ma le scuse del Presidente Rouhani, per l’abbattimento dell’aereo ucraino, fanno ritenere che vi siano interlocutori con cui il Vecchio Continente possa dialogare e portare avanti una politica attiva, quale non è stata fino ad oggi.

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