Con una mossa inattesa, il premier russo Dmitri Medvedev, ha rassegnato le sue dimissioni e quelle di tutto il governo, dopo che il presidente Vladimir Putin ha annunciato riforme costituzionali, un’iniziativa vista da molti come l’avvio ufficiale della transizione. Una sorpresa è anche la nomina del successore: Mikhail Mishustin, direttore dell’Agenzia delle entrate, una figura poco nota anche in Russia.
“È stata delineata tutta una serie di emendamenti fondamentali alla Costituzione” ha spiegato Medvedev parlando in un incontro con Putin e i membri del governo “che apporteranno cambiamenti significativi per l’intero equilibrio dei rami del potere esecutivo, legislativo e giudiziario” e per questo “è giusto che il governo, nella sua forma attuale, si dimetta”.
Analisti e osservatori erano già da qualche ora in allerta dopo che nell’annuale discorso alle Camere riunite del Parlamento, il presidente aveva proposto una serie di modifiche alla Costituzione per conferire maggiori poteri al Consiglio di Stato e al Parlamento, come quello di nominare candidati premier e ministri, finora appannaggio del presidente. Il discorso sullo stato della nazione – per la prima volta quest’anno proiettato anche sulle facciate di diversi edifici al centro di Mosca – ha subito riacceso speculazioni sulle sorti del sistema politico russo e del suo principale garante, il capo di Stato appunto, in vista della “successione” a Putin, impossibilitato dalla legge a ricandidarsi nel 2024, al termine del suo mandato.
Da tempo si ipotizza la possibilità di emendare la Costituzione per permettere a quello che è già il leder russo più longevo dopo Stalin di rimanere ai vertici del potere, con un’altra carica: o a capo di un riformato Consiglio di Stato o di nuovo da premier (come già successo nel 2008), ma con più ampi poteri.
Putin, che ha proposto anche di potenziare il ruolo dei governatori regionali, ha ringraziato il primo ministro dimissionario per il servizio svolto e chiesto al governo di assolvere alle sue funzioni fino alla formazione di un nuovo esecutivo. “Nella società c’è una chiara richiesta di cambiamento”, ha ammesso il presidente nel suo discorso sullo Stato della nazione, “il popolo vuole sviluppo, ognuno vuole progressi nella propria carriera, nell’istruzione, nel benessere”.
Il pacchetto di riforme verrà sottoposto al voto popolare, ha annunciato, senza specificare i tempi. Secondo fonti nel Parlamento, citate da Interfax, una bozza di riforma costituzionale verrà presentata dal presidente e approvata prima dell’estate. “Nel suo messaggio”, ha poi tenuto a sottolineare il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, “il presidente non ha menzionato emendamenti per nessuno degli articoli fondamentali della Costituzione” e per questo non è necessario un referendum. “Le riforme proposte”, ha aggiunto, “saranno piuttosto serie e quindi ha ritenuto opportuno avere una consultazione con il popolo”.
Secondo il vice premier, Vitaly Mutko, le dimissioni del governo rispondono a una richiesta di cambiamento: “Bisogna avere nuovi approcci”, ha detto. Fonti del quotidiano Kommersant vicine all’amministrazione presidenziali, ritengono invece che la caduta di Medvedev – da tempo ormai capro espiatorio del malcontento popolare per le difficoltà economiche del Paese – sia dovuta all’opposizione del ‘blocco finanziario ed economico’ del governo a una serie di iniziative socio-economiche che richiederanno seri costi al bilancio pubblico.
L’oppositore politico Aleksey Navalny – che con il suo Fondo anticorruzione aveva puntato i riflettori sui metodi usati da Medvedev per arricchirsi, accusandolo di possedere segretamente immobili di lusso, vigneti e ville all’estero – ha accolto con scetticismo la notizia, dichiarando lapidario: “L’unico obiettivo di Putin è rimanere al potere a vita”.
I tanti papabili a sostituire Medvedev, intanto, sono stati spazzati via da una nuova mossa a sorpresa del Cremlino: Putin ha proposto alla Duma la candidatura di Mikhail Mishustin, capo dell’Agenzia delle entrate. Un nome sconosciuto ai più, un po’ come successo allo stesso Putin quando fu proiettato ai vertici del potere russo ormai più di 20 anni fa.