Il taglio dei parlamentari si deciderà con un referendum. Prepariamoci dunque a tornare alle urne, presto. La Cassazione ha accertato la legittimità della richiesta di referendum sul testo di legge costituzionale che modificherebbe il numero dei parlamentari, sorretta dalla firma di 71 senatori.
L’ultima parola sulla diminuzione dei numeri di deputati e senatori spetterà quindi agli italiani, dopo che lo scorso 18 dicembre tre senatori (Nannicini del Pd, Cangini e Pagano di Forza Italia) hanno presentato le 64 firme necessarie per chiedere il referendum confermativo sul taglio dei parlamentari.
La riforma contro i “costi della politica” fortemente sostenuta dal Movimento 5 Stelle e già approvata a ottobre 2019 dalla Camera all’unanimità sembrava aver subito una battuta d’arresto. Ora invece saremo noi a dire cosa ne pensiamo in un referendum confermativo, dunque senza quorum.
Se il referendum avrà esito positivo, la proposta di legge entrerà in vigore e saranno modificati gli articoli della Costituzione 56 e 57 che indicano il numero di deputati e senatori.
I deputati diminuiranno da 630 a 400 e i senatori da 315 a 200, esclusi i senatori a vita. Il Parlamento passerà così da 945 a 600 membri, più i senatori a vita.
Con la riforma che taglia il numero dei parlamentari, l’Italia diventerebbe il Paese della Ue con il minor numero di deputati in rapporto alla popolazione.
Quando andremo a votare
Ma quando andremo a votare? La convocazione del referendum spetta al Presidente della Repubblica con un suo decreto “su deliberazione del Consiglio dei ministri” che verrà appositamente convocato entro 60 giorni a partire da oggi, giorno in cui è stato depositato l’ok della Cassazione.
La decisione dovrà essere presa in un periodo compreso tra il 50esimo e il 70esimo giorno successivo allo svolgimento del Consiglio dei ministri, quindi presumibilmente andremo a votare tra gli ultimi giorni di marzo e la prima domenica di giugno.
Quanto risparmieremmo davvero
Come sappiamo, uno dei cavalli di battaglia di Di Maio, ai tempi Di Battista e gli altri del M5s era il risparmio che il taglio dei parlamentari avrebbe comportato per le casse dello Stato. Se consideriamo che, in base a quanto riporta il bilancio della Camera, nel triennio 2018-2020 per pagare indennità e rimborsi a 630 deputati lo Stato spende ogni anno 144,9 milioni di euro, ricaviamo un costo annuo di 230 mila euro a deputato.
Una riduzione di 230 deputati, dunque, creerebbe un risparmio potenziale di 52,9 milioni di euro ogni anno. Il Senato spende invece 249.600 euro l’anno per senatore. Un taglio di 115 membri di Palazzo Madama farebbe risparmiare circa 28,7 milioni di euro ogni anno. Si tratterebbe quindi rispettivamente del 5,5% delle spese totali di Montecitorio e del 5,4% di quelle di Palazzo Madama.
Tra Camera e Senato, quindi, i risparmi sarebbero di 81,6 milioni di euro ogni anno. Che, rapportato al nostro debito pubblico, significa lo 0,005% e un seicentesimo scarso di quanto spende l’Italia ogni anno solo di interessi sul debito stesso.
Cifre ben lontane da quanto sostenuto da Luigi Di Maio, secondo il quale dal taglio dei costi dei parlamentari avremmo potuto ricavare 100 milioni di euro l’anno, cioè 500 milioni a legislatura e dunque un miliardo di euro in dieci anni.