Firenze, 22 anni in carcere da innocente: chiede 66 milioni di euro di risarcimento

Ha trascorso 22 anni in carcere da innocente. Oggi Giuseppe Gulotta, accusato per errore dell’omicidio di due giovani carabinieri della caserma di Alcamo Marina, in provincia di Trapani, nel 26 gennaio del 1976, chiede un risarcimento di 66 milioni di euro. Nell’atto, depositato al tribunale di Firenze dagli avvocati Baldassare Lauria e Pardo Cellini, viene citata l’Arma dei carabinieri per responsabilità penale.

Gulotta venne arrestato e condannato all’ergastolo quando aveva appena 18 anni. Fu poi assolto dalla Corte d’appello di Reggio Calabria che, nel 2016, gli riconobbe un risarcimento di sei milioni e mezzo di euro,   con una provvisionale, cioè un anticipo, di 500 mila euro. L’uomo, che oggi ha 60 anni, è stato vittima del più grosso errore giudiziario della storia d’Italia. Nel 1976 faceva il muratore, e aveva fatto domanda per entrare nella Guardia di Finanza. Il 13 febbraio venne prelevato dai carabinieri, portato in caserma, legato mani e piedi a una sedia, picchiato, minacciato di morte con una pistola che gli graffiava le guance. Botte e insulti. Così per dieci ore finché “sporco di sangue, lacrime, bava, pipì” si rassegnò a confessare quello che gli urlavano i carabinieri, pur di porre fine a quell’incubo.

La sua vita precipitò in una voragine. Solo dopo anni di tormenti, con quell’accusa sulla testa, Gulotta è riuscito a dimostrare la sua totale innocenza nel processo di revisione che si è celebrato a Reggio Calabria e si è concluso con la sua assoluzione con formula piena il 13 febbraio 2012, esattamente 36 anni dopo il giorno del suo arresto. Il 20 luglio successivo si è chiuso con l’assoluzione anche il processo di revisione per Gaetano Santangelo e Vincenzo Ferrantelli, i presunti complici, fuggiti in Brasile prima della sentenza definitiva e rimasti 22 anni lontani dall’Italia. E infine è stato celebrato il processo di revisione anche nei confronti di Giovanni Mandalà, morto in cella, disperato, nel 1998.

“È la prima volta in duecento anni di storia che l’Arma dei carabinieri viene citata per responsabilità penale – ha spiegato l’avvocato Lauria alla Nazione -. Ci sono due aspetti che sono contenuti nell’atto depositato: il primo riguarda la responsabilità dello Stato per non aver codificato negli anni il reato di tortura. Il secondo profilo è quello che attiene agli atti di tortura posti in essere in una sede istituzionale (la caserma dei carabinieri) da personale appartenente all’Arma che ha generato un gravissimo errore giudiziario”. Il legale ha ricordato che “è stata la stessa Cassazione a dire di rivolgerci all’Arma per il risarcimento del danno subìto per le torture, perché il giudice è stato indotto nell’errore dalla falsa confessione estorta”.

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