I governi di Usa, Singapore e Giappone sono finora riusciti a portare a casa i loro connazionali da Wuhan, la citta’ epicentro dell’epidemia di coronavirus che ha gia’ fatto oltre 170 vittime in Cina. Ma altri Paesi attendono il via libera del governo di Pechino oppure hanno rinviato i voli in partenza dall’Hubei per ragioni non chiare. Tutti i Paesi devono inoltre fare i conti su come gestire i loro concittadini rientrati in patria, potenzialmente gia’ contagiati dal virus. Di seguito una sintesi della situazione. GIAPPONE: due aerei sono gia’ arrivati a Tokyo, il primo mercoledi’ con a bordo 206 connazionali; il secondo oggi, con 210 persone a bordo. Previsto un terzo volo. Siccome il governo non ha la possibilita’ legale di obbligare all’isolamente, Tokyo consente l’autoquarantena che pero’ ha suscitato critiche nel Paese. SINGAPORE: 92 cittadini sono arrivati stamane all’aeroporto di Changi: quelli con febbre o sintomi respiratori anomali sono stati portati in ospedale per ulteriori esame; gli altri, compresi i diplomatici che hanno lavorato al loro ritorno, sono stai messi in quarantena. USA: sono arrivati in California ieri 201 americani, che sono stati sottoposti a tre giorni di monitoraggio presso una base militare in California. Per il resto dei Paesi la situazione e’ ancora ferma. Per la sessantina di italiani bloccati a Wuhan, e’ tutto pronto per la partenza dell’aereo che dovra’ riportarli in patria. Mancano pero’ ancora “alcuni passaggi” per il via libera definitivo del governo di Pechino, spiegano fonti della Farnesina, assicurando comunque che il governo lavora senza sosta per organizzare il loro ritorno il prima possibile. Nel frattempo anche il governo britannico ha fatto sapere che i britannici che vogliono tornare a casa dovranno aspettare: “Stiamo facendo tutto il possibile per riportarli a casa sani e salvi. Una serie di voli dei vari Paesi finora non sono riusciti a partire come previsto”, ha spiegato il Foreign Office. I britannici di rientro da Wuhan dovranno restare due settimane in quarantena presso una struttura del servizio sanitario nazionale (Nhs). Il governo francese ha annunciato che un aereo militare con un gruppo di medici sarebbe partito mercoledi’ sera per evacuare i circa 200 connazionali e spera di riportarli venerdi’; ancora da capire dove, se e quando arriveranno, verranno messi in quarantena. Parigi ha in programma di far partire un secondo volo e ha detto di aver ricevuto richieste da Spagna, Germania, Danimarca, Polonia e altri Paesi extra-comunitari, come il Messico, perche’ i loro concittadini possano salire.
La Corea del Sud ha in programma due charter per evacuare circa 700 connazionali, ma finora i due voli sono stati tutti ritardati per cause sconosciute. Il governo ha proposto l’isolamento di chi rientra nelle citta’ di Asan e Jincheon ma ci sono state proteste. L’Indonesia sta cercando di evacuare i 243 concittadini e metterli in quarantena, ma finora non c’e’ riuscita. Identica situazione per Nuova Zelanda e Australia. Gli australiani dovranno pagarsi il biglietto, l’equivalente di 1800 euro e poi firmare una ‘liberatoria’ per assicurare che accettano di essere messi in quarantena per 14 giorni nell’isola di Christmas, nell’Oceano Pacifico. Al termine delle due settimane, gli australiani saranno sbarcati a Perth e da li’ pagarsi un altro biglietto per tornare nelle loro citta’ di residenza. Intanto l’associazione dei medici australiani ha definito “non esattamente adeguata” la scelta di mettere gli australiani in isolamento nell’isola di Christimas, usata da tempo come centro di detenzione per gli irregolari che tentano di arrivare illegalmente, via mare, in Australia. “Sono persone gia’ abbastanza traumatizzate”, dice l’Australian Medical Association. Ma finora comunque di costoro non e’ partito nessuno.