Coronavirus, quando è iniziata l’epidemia in Cina: la scoperta

Importante scoperta, tramite l’analisi genetica, sull’epidemia di coronavirus che sta tenendo il mondo intero col fiato sospeso. Secondo gli studi condotti dal Politecnico di Zurigo sotto la guida della biologa computazione Tanja Stadler, sembrerebbe che i primi casi di contagio in Cina si sarebbero presentati già ad inizio novembre e non, come fin qui indicato dalle stime precedenti, nella seconda metà dello stesso mese.

L’analisi, rende noto Ansa, si basa su circa 100 sequenze genetiche del virus, la maggior parte proveniente dalla Cina e disponibili nei database pubblici. Dalla ricerca si esclude anche “con un’altissima probabilità che il virus circoli nell’uomo da prima di questo momento”, cioè da prima di novembre.

Analizzando anche le dinamiche dell’epidemia prima che la città di Wuhan fosse messa in quarantena, è stato calcolato che il numero medio di persone che un malato può contagiare (numero di riproduzione) è compreso tra 2 e 3.5, confermando le stime precedenti, che ipotizzavano un numero compreso tra 2 e 4. Ciò significa che la diffusione è più veloce rispetto all’influenza stagionale, che ha un tasso di riproduzione in genere inferiore a 1,5.

“Questo numero è uno dei parametri chiave di un’epidemia”, osserva Stadler. Perché, aggiunge, “fornisce informazioni importanti sull’efficacia di misure come la quarantena. Solo se le misure di controllo riescono a ridurre questo numero saranno efficaci”.

Coronavirus, quanti contagi in Cina prima della quarantena

Utilizzando metodi statistici, è stato stimato anche quante persone sono state infettate in Cina entro il 23 gennaio, data delle chiusura di Wuhan. L’analisi mostra che in quella data i casi erano compresi probabilmente tra 4.000 e 19.000. Tuttavia in quel momento i casi confermati erano 581.

Stando allo studio del Politecnico di Zurigo ciò significa che, nel caso più estremo, solo 1 persona ammalata su 33 è apparsa nelle statistiche ufficiali, nel migliore dei casi 1 persona su 7. I ricercatori hanno reso disponibile l’analisi ad altri studiosi sul portale Virological, ma avvertono che il loro lavoro non è stato esaminato da altri esperti, come prevedono gli standard nella ricerca perché in una situazione come questa, ciò avrebbe richiesto troppo tempo.

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