Il prezzo del petrolio si è più che dimezzato in poco meno di un mese, ma il costo della benzina alla pompa si riduce di qualche centesimo, non di più, continuando a costituire un aggravio per i consumatori.
C’è qualcosa che non va. Esistono distorsioni del mercato? Chi ci guadagna? La risposta è multipla, in parte da attribuire al costo fisso delle accise, in parte ad un effetto compartecipazione alle perdite delle grandi compagnie petrolifere, che come noto stanno anche tagliando i programmi di investimento per il prossimo futuro.
PETROLIO MAI COSI’ BASSO
Guardando all’andamento del prezzo del petrolio, il greggio nordamericano, quello di qualità migliore rispetto al petrolio mediorientale, viaggia a attorno ai 20,5 dollari al barile (un barile vale circa 159 litri o 42 galloni statunitensi). Il Brent del Mare del Nord, una qualità sempre molto alta, quota circa 23 dollari per barile. Se si guarda la performance da inizio anno, le due qualità di greggio hanno perso oltre il 66% del valore, quindi il prezzo del petrolio si è più che dimezzato.
La caduta delle quotazioni a quel punto è stata quasi verticale, quando l’epidemia di coronavirus ha raggiunto l’Italia e l’Europa, innescando gravi preoccupazioni per una probabile recessione globale.
LE ACCISE SU BENZINA E GASOLIO
In Italia, il prezzo della benzina e del gasolio è legato solo in minima parte al costo industriale (21%) e commerciale (9%) del carburante, perché la componente fiscale (accise ed IVA) pesa per circa il 60% del suo prezzo (poco più di un euro), mentre a parte rimanente (circa il 40%) è imputabile al prezzo industriale e commerciale (compenso dei gestori).
Guardando ai dati pubblicati mensilmente e settimanalmente dal MISE – Ministero dello Sviluppo Economico, si nota che il prezzo dei carburanti alla pompa si è ridotto di circa il 5%: la benzina verde è passata dagli 1,549 euro/litro della rilevazione di febbraio 2020 agli 1,477 euro/litro della rilevazione dell’ultima settimana (al 23 marzo 2020) con una differenza di poco più di 7 centesimi; il costo del gasolio si è ridotto da 1,443 €/litro di febbraio 2020 a 1,368 €/l dell’ultima settimana con una differenza di 7,5 centesimi.
Va poi considerato che le accise sono di importo fisso (da quella della guerra in Etiopia e del Vajont a quelle del Salva Italia e del terremoto a L’Aquila e in Emilia), mentre l’IVA pesa in proporzione al prezzo per una data percentuale. In generale costituiscono una rigidità che non permette al prezzo alla pompa di scendere sotto una quota del 60% pari a poco più di 1 euro al litro. Ma qualche tempo fa Codacons parlava di margini di riduzione che si aggiravano sui 25 centesimi per la verde e circa 15 centesimi per il diesel. E allora cos’altro blocca la riduzione?
LE POLITICHE DI RIPARTIZIONE DEL COSTO
La mancata riduzione del prezzo sarebbe allora da attribuire alle politiche commerciali ed agli investimenti programmati delle grandi compagnie petrolifere che, trovandosi ora con un prezzo della materia prima più che dimezzato, e con margini assai ridotti sul costo di produzione, hanno pensato di ripartirne un po’ il peso con i consumatori finali.
E d’altro canto, le politiche di investimento sono generalmente di lungo periodo e con certe rigidità, quindi una riduzione marcata del prezzo comporterebbe pesanti perdite per le stesse.
CODACONS DICHIARA GUERRA ALLA SPECULAZIONE
Ed è così che proprio Codacons, che ad inizio marzo prospettava ampi ribassi dei prezzi delle benzine, ora ha dichiarato guerra alla speculazione, coinvolgendo ben 104 Procure della Repubblica affinché avviino indagini per le possibili fattispecie di aggiotaggio e manovre speculative su merci.