Sono complessivamente 95.262 i malati di coronavirus in Italia, con un incremento rispetto a ieri di 1.195. Martedì l’incremento era stato di 880.
Per il quinto giorno consecutivo calano ancora i ricoveri in terapia intensiva. Sono 3.693 i pazienti nei reparti, 99 in meno rispetto a ieri. Di questi, 1.257 sono in Lombardia, in calo di 48 rispetto a ieri. Dei 95.262 malati complessivi, 28.485 sono poi ricoverati con sintomi – 233 in meno rispetto a ieri – e 63.084 sono quelli in isolamento domiciliare. Il dato è stato reso noto dalla Protezione civile.
Si riduce ancora il numero di ricoverati per Coronavirus in Lombardia, dove comunque sono morte 238 persone in un giorno: ha detto l’assessore al Welfare Giulio Gallera in diretta Facebook. Sono 53.414 i positivi in regione, 1.089 più di ieri. Di questi 11.719 sono ricoverati non in terapia intensiva (114 meno di ieri), 1257 in terapia intensiva (-48), mentre il numero dei decessi è arrivato a 9722, 238 in un solo giorno. “Il traguardo è molto vicino, vogliamo raggiungerlo a tutti i costi”. “Il risultato è vicino, non dobbiamo allentare l’attenzione adesso: dobbiamo veramente fare una pasqua in casa”, ha aggiunto.
E’ in corso e animato il dibattito sulla Fase 2 e la riapertura delle attività, in primo luogo sulla data d’avvio e poi sulle modalità e la durata. E’ molto probabile che durerà a lungo, ha detto il fisico Alessandro Vespignani, direttore del Network Science Institute della Northeastern University di Boston: “E’ un processo che vedo per i prossimi 6-8 mesi”. “La seconda fase continuerà a lungo – ha aggiunto – non possiamo immaginare una guerra vinta perché avremo altre battaglie e non dobbiamo pensare di poter tornare alla normalità piena in luglio o agosto”. Potrebbero volerci settimane prima di allentare le misure di contenimento dell’epidemia di Covid-19 in Italia. “Ora in Italia siamo in una fase di trend positivo, ma nelle prossime settimane non correrei a rilasciare misure perché ci sono ancora molti casi. Si dovranno fornire gli strumenti per uscire dall’emergenza nel modo più sicuro: non vogliamo tornare in una fase di pre-ondata”.
A prescindere dalla durata, secondo l’infettivologo Massimo Galli dell’ospedale Sacco di Milano non si può programmare la fase 2 senza colmare l’attuale “carenza dispositivi diagnostici”, ovvero di test. “Dobbiamo interrogarci – ha detto durante il dibattito organizzato dalla pagina Facebook ‘Coronavirus – Dati e analisi scientifiche’ – sul perché l’Italia non abbia messo in piedi linee di diagnostica per passare alla fase 2 oggi prematura, ma da programmare altrimenti si rischia di spalmare la ripresa in un tempo infinito o anticipata, con il rischio di nuovi focolai”.
Interpellato sull’argomento anche il ministro degli Affari regionali Francesco Boccia ha chiarito, in un’intervista radiofonica, che la data ipotizzata del 4 maggio non è da considerarsi sicura per la partenza della Fase 2. “Non c’è una data. E’ una valutazione che dovrà fare il Consiglio dei ministri e concordare attraverso la cabina di regia, che è una proposta del Pd. La Fase due è da costruire insieme fra maggioranza, opposizione, Regioni, scienziati e parti sociali. E’ l’interruttore generale che si riaccende, bisogna ripartire gradualmente anche in base al fattore di rischio dei singoli settori produttivi. Il grado di rischio determinerà i tempi”.
Il tema della riapertura sta molto a cuore anche al mondo dell’impresa. La Confindustria di Lombardia Emilia Romagna, Piemonte e Veneto hanno sottoscritto un agenda per la riapertura delle imprese e la difesa dei luoghi di lavoro e fronteggiare l’emergenza coronavirus. Se le quattro principali regioni del Nord che rappresentano il 45% del Pil italiano non riusciranno a ripartire nel “breve periodo il Paese rischia di spegnere definitivamente il proprio motore e ogni giorno che passa rappresenta un rischio in più di non riuscire più a rimetterlo in marcia”
Secondo Carlo Robiglio, presidente della Piccola Industria, (il 98% delle aziende in Confindustria), la piccola e media impresa italiana in questa situazione di blocco della produzione “non può resistere tanto”. “Questa situazione in maggio deve trovare una soluzione, se si scavalla l’estate con un blocco di questo tipi i rischi diventano pesantissimi. A parte le attività stagionali, che non riaprirebbero mai più”. E avverte: “Bisogna che per fine aprile inizio maggio inizi almeno la fase due per una serie di attività”. Nella trincea dei piccoli e medi imprenditori – racconta – c’è “la consapevolezza del rischio di non poter riavviare l’impresa, di non poter garantire i posti di lavoro in futuro”. Ma anche “sentirsi soli, non compresi, messi sul banco degli imputati”, molti imprenditori “lo hanno vissuto malissimo”. “E’ stata la cosa più brutta di questi giorni difficili”.
Un pool di pubblici ministeri che “si occuperà di tutta l’attività di indagine che riguarda l’epidemia di Coronavirus nella Bergamasca”, ha spiegato all’ANSA il procuratore della repubblica facente funzione di Bergamo Maria Cristina Rota che ha appena aperto un fascicolo per epidemia colposa a carico di ignoti che riguarda il caso dell’ospedale di Alzano Lombardo. “Tutte le denunce, esposti con notizie di reato saranno affidati allo stesso team” composto da altri due sostituti assieme allo stesso Procuratore.
Continua la polemica tra la Regione Lombardia e il governo sulla mancata chiusura di alcuni comuni della Bergamasca in cui c’erano dei focolai, come Alzano e Nembro.