Mostre e omaggi a Nightingale, donna che inventò le infermiere

I genitori la chiamarono Florence, in omaggio alla città dove venne alla luce, il 12 maggio 1820. Ma quando, durante la guerra di Crimea, i soldati la videro, instancabile, girare giorno e notte tra i feriti, per tutti divenne la “dama della lampada”. È in onore di Florence Nightingale, figlia della ricca elite borghese britannica, universalmente riconosciuta come la fondatrice dell’assistenza infermieristica moderna, che ogni anno il 12 maggio si celebra la Giornata Internazionale dell’infermiere.

E proprio in occasione del bicentenario della sua nascita, ben prima dello scoppio del Coronavirus, l’Assemblea Mondiale della Sanità aveva dichiarato il 2020 l’Anno internazionale dell’infermiere e dell’ostetrica, consacrandolo a tutti quelle donne e uomini oggi diventati i nuovi eroi dal cuore d’oro. Che Florence avrebbe lasciato un’impronta nella storia, fu evidente sin da subito. A differenza della sorella Parthenope, nata a Napoli, la più piccola delle sorelle Nightingale, preferì sempre lo studio alle frivolezze, seguendo le orme del padre, William Edward Nightingale, pioniere dell’epidemiologia, rifiutando ben tre ottimi partiti come mariti e scegliendo invece la “chiamata” alla vocazione da infermiera, nonostante al tempo il mestiere fosse tanto poco stimato da esere equiparata appena a una vivandiera.

Suoi i precetti e le linee guida seguiti ancora oggi nella cura del paziente, alla base sia dei corsi della Nightingale Training School che istituì nel 1860, che delle Notes on Nursing, smilzo libretto di 136 pagine, diventato pietra miliare del curriculum delle scuole per infermieri. Capace di trattare a tu per tu con i grandi luminari e politici del tempo, fra i tanti primati della Nightingale ci fu l’esser la prima donna membro della Royal Statistical Society (entrerà anche all’American Statistical Association), l’aver contribuito alla nascita dei servizi sociali inglesi, così come aver ispirato Henry Dunant per la creazione della Croce Rossa Internazionale.

Dalla sua morte, avvenuta a Londra il 13 agosto nel 1910, Florence Nightingale è venerata dalla scuola anglicana. Ma tanti sono i tributi a lei dedicati, dalle citazioni in cinema e tv (ricorre anche in un episodio dei Simpson) all’asteroide ribattezzato 3122 Florence. La sua voce è custodita nell’archivio sonoro della British Library.

E l’8 marzo scorso, per la Festa della donna, ha debuttato anche la Barbie Mattel, edizione limitata, che la ritrae con abiti d’epoca e lanterna in mano. Soprattutto è l’arte a celebrarla, dalla scultura custodita nella Basilica di Santa Croce a Firenze al monumento a Waterloo Place a Londra.

Due i musei in patria, uno nella casa di famiglia della sorella, Claydon House nel Buckinghamshire, e il più celebre Florence Nightingale Museum al St Thomas’ Hospital di Londra, che con una collezione di oltre 3 mila cimeli e documenti (dalla celebre lampada, alla scrivania e la sua copia personale di Oliver Twist) è il cuore dei festeggiamenti previsti per il bicentenario. Al momento tutti rimandati per l’emergenza Coronavirus, ad eccezione della mostra “Nightingale in 200 Objects, People & Place” che il museo ha trasferito on line per raccontare la donna, la leader, la statista e l’infermiera, ma anche le sue teorie mediche o il ruolo di icona nella cultura pop. Il Museo, che oggi chiede aiuto per superare la chiusura forzata, si è fatto anche promotore – insieme all’Università di Boston, il Royal College of Nursing e la Wellcome Library – del progetto di digitalizzazione delle sue 1900 lettere scritte a mano o dettate, oggi disponibili on line.

Ma in vista della Giornata Internazionale dell’infermiere, anche la National Gallery di Londra invita i suoi appassionati a celebrare gli operatori sanitari con una speciale galleria di dipinti dalla sua collezione che ritraggono medici e professionisti della salute. Tra i capolavori “esposti”, Tobia e l’angelo della Bottega del Verrocchio (con il pesce e il cane che, secondo alcuni, sarebbero della mano di Leonardo) al ritratto di Giovanni Agostino della Torre, illustre medico bergamasco del ‘500, di Lorenzo Lotto o, ancora, l’antiquario e medico, Ludovico Nonnius, nel dipinto di Peter Paul Rubens.

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