Tra i provvedimenti previsti dal Dl Rilancio a favore delle imprese colpite dall’emergenza coronavirus, c’è anche l’erogazione di contributi a fondo perduto. Tali aiuti sono riconosciuti a soggetti “esercenti attività d’impresa e di lavoro autonomo e di reddito agrario, titolari di partita IVA”, a condizione che l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020 sia inferiore ai due terzi dell’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2019.
Il decreto, in particolare, mette in campo 6 miliardi per gli indennizzi a favore delle piccole medie imprese e per gli autonomi che hanno conseguito ricavi o compensi per importi non superiori a 5 milioni di euro nel 2019 e, appunto, che hanno subito una riduzione del fatturato del 33%.
Tale misura dovrebbe colmare le criticità emerse in merito ai finanziamenti a tassi agevolati con garanzia dello Stato fino a 25mila euro precedentemente stanziati, implementati in maniera non uniforme e dall’erogazione tutt’altro che puntuale. Altro problema rilevato, il fatto che tutte le misure emanate prima del Decreto Rilancio contemplassero un iter burocratico piuttosto complesso, che ha contribuito a determinare i già rilevati ritardi.
Nel caso invece dei contributi a fondo perduto previsti dal Dl Rilancio, come spiega il testo del decret, per ottenerli bisognerà presentare domanda all’Agenzia delle Entrate in modalità digitale, autocertificando la sussistenza dei requisiti previsti. I controlli da parte dell’Agenzia e della Guardia di Finanza verranno effettuati solo in seguito, in modo da accorciare i tempi di erogazione.
I beneficiari potranno presentare la richiesta entro 60 giorni dalla data che sarà comunicata dall’Agenzia delle Entrate, e la domanda dovrà essere accompagnata dalla autocertificazione di regolarità antimafia. A quel punto, il contributo verrà erogato tramite accredito diretto sul conto corrente o postale del beneficiario.
Solo in seguito all’erogazione del contributo, l’Agenzia delle Entrare comunicherà i dati ricevuti alla Guardia di Finanza, che li riscontrerà con quelli in possesso dal Ministero dell’Interno. E se si verificasse che ai beneficiari non spettavano contributi richiesti, nella loro totalità o in parte, il rischio è quello di incappare nell’accusa di indebita percezione e truffa ai danni dello Stato. L’importo erogato sarebbe recuperato e sarebbero applicate le sanzioni previste dalla legge.
Il parametro da applicare per calcolare l’ammontare del contributo dipende dall’ammontare dei ricavi o compensi dell’impresa. Per i richiedenti che contano ricavi o compensi non superiori a 400.000 euro, tale parametro è il 20%; il 15% per i soggetti con ricavi o compensi superiori a 400.000 euro e fino a 1 milione e, infine, il 10% per ricavi o compensi oltre 1 milione e fino a 5 milioni.
Una volta ricavata la percentuale, essa dovrà essere applicata alla differenza tra l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020 e l’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2019.