Sono in possesso degli inquirenti italiani i documenti di Giulio Regeni, il passaporto e due tessere universitarie, consegnati dalle autorità egiziane assieme ad una serie di oggetti che, secondo gli investigatori egiziani, appartenevano al ricercatore sequestrato e ucciso al Cairo nel 2016. Gli oggetti furono sequestrati alla banda di presunti killer, cinque criminali comuni uccisi in Egitto il 24 marzo di quattro anni fa.
I cinque furono fatti passare dall’autorità locali come gli autori dell’omicidio di Regeni in quello che per gli investigatori italiani è stato, invece, un tentativo di depistaggio. Gli oggetti sono quelli mostrati in alcune foto dopo il blitz ai danni dei cinque malviventi: oltre al passaporto di Giulio e le tessere di riconoscimento dell’università di Cambridge e dell’università americana del Cairo anche alcuni presunti effetti personali come un marsupio rosso con lo scudetto dell’Italia, alcuni occhiali da sole (di cui due modelli da donna), un cellulare, un pezzo di hashish, un orologio, un bancomat e due borselli neri di cui uno con la scritta Love.
A distanza di tre anni dalla richiesta dei genitori, gli investigatori hanno inviato a Roma tutti gli oggetti appartenenti al giovane ricercatore sequestrato e ucciso al Cairo nel 2016. Nelle prossime ore ci potrebbe essere una convocazione per i genitori del ragazzo per effettuare un riconoscimento degli effetti personali. La restituzione è arrivata a pochi giorni dal colloquio tra al-Sisi e il premier Conte.
Sono giorni di attesa per i genitori di Giulio. Il 1° luglio è in programma un nuovo vertice (a distanza di oltre un anno dall’ultimo) tra le due Procure per fare il punto sulle indagini sulla morte del ricercatore. Una videoconferenza per capire come si sono mossi gli investigatori egiziani in questo periodo. Gli inquirenti italiani sono pronti a chiedere il domicilio degli indagati per cercare di dare una svolta a questa indagine e arrivare il prima possibile alla verità sulla morte di Giulio. Una vicenda che ha raffreddato i rapporti tra Roma e il Cairo, come confermato anche dal premier Conte nell’audizione in Commissione.
Il premier Conte in Commissione ha ribadito il suo impegno in prima persona per arrivare alla verità sulla morte di Giulio Regeni. Sono passati oltre quattro anni da quel febbraio e le indagini non hanno visto la conclusione. Gli inquirenti italiani nel prossimo vertice con gli investigatori egiziani cercheranno di dare una svolta all’inchiesta chiedendo il domicilio delle persone iscritte sul registro degli indagati. Un possibile passo avanti in questa indagine che è stata iniziata subito dopo la morte di Giulio avvenuta al Cairo tra gennaio e febbraio del 2016.