Recovery Fund, l’accordo si allontana

 I 27 leader europei hanno inaugurato un vertice caratterizzato ancora dalle ampie distanze fra le parti. ‘Le differenze sono ancora molto, molto grandi e non possiamo prevedere se riusciremo a raggiungere un risultato’, ammette la cancelliera Merkel. Macron fa capire che la posta è alta perché ‘è in gioco il nostro progetto europeo’.

Il  conflitto in corso a Bruxelles va avanti fra fronti contrapposti. Da una parte i paesi frugali, che nelle ultime settimane hanno concordato le strategie di coalizione. La posizione viene sintetizzata dall’austriaco Kurz che sottolinea come esista ‘una linea strettamente coordinata fra Paesi Bassi, Svezia e Danimarca’ che prevede una riduzione del ‘volume totale’ del bilancio e del Recovery fund e soprattutto della quota di ‘sovvenzioni’ a fondo perduto. Vogliono poi cambiare i criteri di distribuzione degli aiuti, ora basati su Pil e disoccupazione degli ultimi 5 anni, e le modalità di ‘rimborso’, anticipando la restituzione degli aiuti. Poi la posizione dell’Olanda, che da sola porta avanti una battaglia su chi debba dare il via libera ai piani di rilancio dei singoli Paesi. Rutte vuole che la luce verde arrivi dall’unanimità del voto del Consiglio, in modo da avere un controllo diretto sui piani di ciascuno.

Il primo giorno di lavori del Consiglio europeo sulla ricostruzione della Ue post Coronavirus si è caratterizzato per lo scontro fra Italia e Paesi frugali. Fin dall’inizio è trapelata la grande incertezza legata alle possibilità di raggiungere un accordo in tempi brevi, cosa che comunque era già stata ribadita nel corso delle ultime settimane di trattative che hanno portato a questa due giorni fondamentale per il futuro dell’Unione europea. L’unanimità dei voti in Consiglio che il premier olandese Rutte reclama per gli esborsi europei trova l’opposizione di Giuseppe Conte. Il premier, riferendosi proprio al tema dell’unanimità introdotto da Rutte, gli si è rivolto così nel corso del Consiglio europeo: ‘La tua proposta sulla governance del Recovery fund è incompatibile con i trattati e impraticabile sul piano politico’. Secca la risposta dall’Olanda: ‘Non la beviamo. Questa è una situazione eccezionale che richiede soluzioni straordinarie. Occorre essere creativi’.

Al termine del primo giorno di lavori del Consiglio europeo su Recovery Fund arriva la proposta del presidente del Consiglio europeo, Charles Michel. Nel tentativo di rompere le resistenze del premier olandese Mark Rutte, Michel ha messo sul tavolo delle trattative una proposta che prevede la possibilità di ricorrere ad una sorta di ‘freno d’emergenza’ che bloccherebbe i pagamenti del Recovery Fund se non ci fosse ‘consenso’ tra i governi, rimandando la questione ai leader. Da quanto si apprende da fonti diplomatiche, il meccanismo verrebbe applicato sull’attuazione dei piani nazionali di riforma, non sul loro ok iniziale. Secondo fonti europee, la proposta di Michel non sarebbe stata accettata sempre dall’Olanda.

Per portare a casa il risultato in questa trattativa europea, Conte cerca la sponda di Macron e Merkel. Tra i temi della discordia c’è anche la questione dei rebates, o sconti al bilancio, di cui godono oggi Olanda, Svezia, Danimarca e Germania, e che quasi tutti, tranne i diretti interessati, considerano obsoleti. Qualcuno spera possano diventare oggetto di scambio con l’Olanda e i frugali, ma nel negoziato sul bilancio più complicato della storia dell’Unione certamente non potrà essere l’unico.

 Italia con Spagna, Portogallo e Francia, tra gli altri, sono impegnate  a difendere i 750 miliardi del Recovery fund, e soprattutto i 500 miliardi di sovvenzioni. Perché deve assicurarsi che non scendano quegli 81 miliardi che le spettano nell’attuale distribuzione. Qualcosa è disposta a tagliare, ma certamente non sulla parte destinata alle sovvenzioni. 

Ungheria e Polonia sono preoccupate soprattutto di preservare le loro generose fette di fondi strutturali. E puntano a portare a casa, nella partita complessiva, quanto meno l’alleggerimento dell’articolo 7 con cui la Ue minaccia di punirli per il non rispetto delle regole dello stato di diritto.

Il ministro dell’economia Roberto Gualtieri è chiaro: ‘Il tema della governance che si intuiva essere uno di quelli più discussi ha un grande rilievo politico. Si tratta di capire se ogni Paese farà sulla base delle risorse assegnate dei programmi di riforma e investimento, la Commissione li valuterà, li approverà, ci sarà anche un voto del Consiglio sui programmi. Ci sono alcune Paesi che vorrebbero che un singolo Paese possa bloccare la concreta erogazione delle tranche di versamenti, dicendo che in quell’altro Paese non stanno facendo sufficientemente quello che io vorrei facessero, per noi questa è una linea rossa, non passerà mai l’unanimità sull’esborso di singole tranche’.

L’intesa, tuttavia, sembra ancora difficile da trovare, ulteriormente allontanata dal fallimento della prima giornata di negoziati. Ogni Paese ha infatti mantenuto le proprie posizioni originarie, a partire dai frugali.

L’olandese Rutte vuole  che i piani nazionali di riforma per i Paesi beneficiari vengano approvati all’unanimità in Consiglio. Italia e Spagna chiedono invece che sia la Commissione, come si proponeva originariamente, ad esprimersi sui piani degli Stati, lasciando invece al Consiglio la possibilità di proporre interventi particolari. Francia e Germania sostengono l’asse del Sud, ma sono consapevoli che un compromesso è necessario: pare quindi che Merkel propenda per accettare il ‘diktat’ olandese.

Conte,  dal canto suo, non sembra essere disposto a fare un passo indietro: ‘Siamo disponibili a entrare nella logica di revisione di qualche dettaglio. Non siamo assolutamente disponibili ad accettare una soluzione di compromesso che alteri non solo l’equilibrio tra le istituzioni europee – questo per noi è una linea rossa – ma anche l’ambizione per quanto riguarda l’ammontare dell’intervento del Recovery fund e il bilanciamento e l’equilibrio interno tra sussidi e prestiti’, ha chiarito ieri.

In questo quadro, l’Italia ha presentato una proposta che prevede che le decisioni sui finanziamenti del Fondo per la Ripresa possano essere interrotte nell’impossibilità di trovare consenso tra i Governi: solo a quel punto, la palla tornerebbe al Consiglio.

La proposta di Michel, invece, introdurrebbe un meccanismo per consentire di bloccare i finanziamenti qualora lo richiedessero un certo numero di Paesi.

Una proposta di compromesso che si scontra, però, contro il ‘muro’ olandese, poiché L’Aia sarebbe determinata a far passare la possibilità di bloccare i fondi (e conseguentemente di tornare la tavolo del Consiglio) anche dietro richiesta di un solo Paese. ‘L’approvazione all’unanimità di piani di riforma nazionali? Non esiste’, ha commentato il premier Conte.

C’è poi il capitolo “rebates”, che sono gli sconti sui contributi dovuti a Bruxelles, che spettano agli Stati nel quadro del bilancio pluriennale. Per i Paesi Bassi, infatti il contributo sul gettito Iva scende dallo 0,3% allo 0,1% (come la Svezia), per l’Austria allo 0,225%, e per la Germania allo 0,15%. I Paesi interessati puntano a mantenere quegli sconti, che però sono di fatto entrati nelle trattative come ‘leve’ da parte di chi chiede più solidarietà e flessibilità.

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