Sette miliardi di euro l’anno. E’ quanto costano ancora oggi i baby pensionati. A dirlo è la Cgia di Mestre. Baby pensionati, i numeri E’ impietoso il conteggio fatto dalla Cgia sul costo per le casse pubbliche derivato dai baby pensionati: si tratta di persone che sono uscite dal mondo del lavoro prima del 1980 utilizzando agevolazioni di legge (all’epoca consentite). Almeno 7 miliardi di euro l’anno pari allo 0,4% del Pil per circa 562mila persone. Di queste oltre 386mila sono costituite in massima parte da invalidi o ex dipendenti delle grandi aziende.
Nel pieno del regime retributivo sono stati riconosciuti i requisiti per il pensionamento alle impiegate pubbliche con figli dopo 14 anni, sei mesi e un giorno. Mentre per gli statali era possibile lasciare il servizio dopo 19 anni e mezzo e per i lavoratori degli enti locali dopo 25 anni. Tra i pensionati baby sono i dipendenti pubblici ad aver lasciato il posto di lavoro in età più giovane (41,9 anni), mentre nella gestione privata l’età media della decorrenza della pensione è scattata dopo (42,7 anni).
Attualmente, le persone che sono andate in quiescenza prima del 31 dicembre 1980 hanno un’età media di 87,6 anni.
L’Ufficio studi della CGIA ha equiparato il costo dei baby pensionati con la dimensione economica del reddito di cittadinanza e di quota 100. Praticamente lo stesso importo previsto quest’anno per il reddito/pensione di cittadinanza e addirittura superiore di quasi 2 miliardi della spesa necessaria nel 2020 per pagare gli assegni pensionistici a coloro che beneficeranno di quota 100. Entrambe le misure sono nel “mirino” dell’Unione Europea.