La proroga della cassa integrazione in deroga rientra tra gli interventi approvati dal Governo proprio col fine di superare l’emergenza Covid. Il Coronavirus ha messo in ginocchio numerose imprese, costringendo diverse realtà a chiudere e a lasciare a casa i propri dipendenti. In questo contesto si è inserita la cig, pronta ad intervenire laddove il reddito dei lavoratori non poteva più essere garantito dall’azienda in crisi. Trattandosi però di una situazione straordinaria, lo Stato si è trovato più volte nella posizione di dover intervenire, con proroghe ed estensioni pensati appositamente per rispondere alla situazione. Così, in vista del decreto agosto, l’Esecutivo sta discutendo di nuovo sulle condizioni per accedere alla proroga dei termini della cassa integrazione nei prossimi mesi, non riuscendo – secondo le ultime notizie – a trovare un punto di accordo con maggioranza e opposizione.
Decreto agosto, primi contrasti al Governo su cassa integrazione
I nodi da sciogliere sulla cassa integrazione sono ad oggi diversi. In vista dell’approvazione del decreto agosto, come anticipato, il Governo si è ritrovato a confrontarsi in primis sulla proroga del periodo di cig. Il punto non è capire tanto quante settimane in più riconoscere, ma stabilire fin da subito chi sono i soggetti che avranno diritto al prolungamento del trattamento.
Fino ad ora l’intenzione era quella di riconoscere l’estensione della cassa integrazione a tutte le aziende che, a causa del Coronavirus, hanno visto calare il proprio fatturato in questi mesi. Nello specifico, la proroga – si era detto -che sarebbe stata valida per chi ha registrato una diminuzione del fatturato di almeno il 20% tra il primo semestre 2020 e 2019. Su questo punto, tuttavia, sono iniziati i primi contrasti.
Le aziende che rischiano di essere escluse dalla cig
Secondo i più scettici, riconoscere una proroga della cig solo alle aziende che sono in grado di dimostrare una perdita di almeno il 20% rischierebbe di penalizzare molte realtà. In particolare, la preoccupazioni riguardano quelle imprese che sono rimaste ferme durante il lockdown ma che hanno registrato comunque introiti, solo perché avevano degli ordini da evadere.
Di fatto la loro attività si è bloccata, costringendo l’intera macchina produttiva a fermarsi (così come i propri dipendenti), eppure, senza un calo del fatturato – dimostrabile almeno su carta e asserente quel periodo – nonostante le difficoltà queste aziende rischiano di essere escluse dal ricorso alle nove settimane aggiuntive di cig.