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Zingaretti torna sulla legge elettorale. Renzi: ‘Parliamone’

“Le preoccupazioni espresse da molte personalità, in ultimo da Bartolomeo Sorge, sul pericolo di votare a favore del referendum sul taglio ai parlamentari senza una nuova legge elettorare, sono fondate e sono anche le nostre.
Per questo il Partito Democratico un anno fa ha fatto inserire questo punto nel programma di Governo. Per questo, e non per perdere tempo, spesso in solitudine nelle ultime settimane abbiamo riproposto questo tema da inserire nell’agenda parlamentare. Su questa posizione, in questi giorni, ci sono stati pronunciamenti importanti da parte del Movimento 5 stelle, da ultimo con il Ministro Di Maio. Pronunciamenti che vanno tutti nel senso della volontà di rispettare gli accordi. Rinnovo dunque l’appello alla collaborazione, a tutti gli alleati e a fare di tutto affinché, a partire dal testo condiviso dalla maggioranza, si arrivi entro il 20 settembre a un pronunciamento di almeno un ramo del Parlamento”,  scrive in una nota il segretario del Pd Nicola Zingaretti.

“Noi siamo stati sempre a favore del maggioritario e per la legge elettorale dei sindaci. Se altri vogliono il proporzionale discutiamo ma la priorità sono i posti di lavoro e il Paese che non ce la fa”,   dice il leader di Iv Matteo Renzi in un’intervista al Tg1.

“È il momento di fare delle scelte coraggiose, dare liquidità a famiglie e imprese, non perdere posti di lavoro, far riprendere la nostra economia. Cambiare la legge elettorale che dovrà essere utilizzata nel 2023 non è una priorità. Proseguiamo sulla strada della concretezza”, scrive su Twitter il presidente di Italia viva Ettore Rosato, dopo l’invito del segretario Pd Nicola Zingaretti ad accelerare e approvare la legge alla Camera prima del referendum costituzionale per il taglio dei parlamentari.

Secessione? Problemi con la base ‘nordista’ per la vocazione nazionale a cui sembra avviato il partito? Il leader della Lega Matteo Salvini , a Sesto San Giovanni per annunciare un nuovo ingresso, quello del sindaco Roberto Di Stefano, tronca la discussione coi giornalisti: “Parliamo di vita vera, non di fantasie. Se avete domande sulla vita reale sono a disposizione”. “Non rispondo alle fantasie. Se le domande sono queste non rispondo”, rincara la dose per lasciare il capannello di cronisti e cameraman e proseguire a fare selfie con militanti e simpatizzanti. Il leader esorcizza così le tensioni che attraversano il suo partito dopo il caso Lombardia e, soprattutto, dopo lo switch definitivo dalla Lega Nord alla Lega Nazionale. Un progetto che dovrebbe consolidarlo alla guida del centrodestra. Ma che trova ,molti ostacoli al suo interno, a cominciare da quel nocciolo di duri e puri, che proprio in Lombardia e poi in Veneto, si sentono “traditi” e guardano ancora ai diretti interessi del Nord.

In una lettera inviata direttamente dal Collegio dei probiviri il “tribunale interno” del M5S ha diffidato “formalmente” diversi parlamentari per le mancate rendicontazioni, chiedendo loro di completarle entro la fine di agosto. L’email, che secondo fonti parlamentari, è giunta un numero elevatissimo di eletti, specifica che la mancata rendicontazione “può costituire violazione dello Statuto e del Codice Etico del M5S, oltre che degli impegni presi nei cofnronti di tutti i cittadini che l’hanno votata”. In caso di mancata rendicontazione dei pagamenti entro la fine di agosto “potrà essere avviata azione disciplinaree presi consequenziali provvedimenti”, si legge nella mail. Mail che giunge alla vigilia di un’assemblea dei deputati che si annuncia già rovente e dove è probabile che la piattaforma Rousseau torni nel mirino.

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