Sono passati due mesi da quando Graziano Mesina, 78 anni, si e’ dato di nuovo ‘alla macchia’. Il 2 luglio scorso non si era fatto trovare in casa dai carabinieri della stazione di Orgosolo che gli avrebbero dovuto notificare l’ordine di carcerazione, dopo che la Cassazione aveva confermato la condanna a 30 anni per traffico internazionale di droga. Mesina, che viveva a casa della sorella, era in liberta’ condizionale, con obbligo di dimora in paese, dopo la scarcerazione nel giugno del 2019 per decorrenza dei termini di custodia preventiva. Da quel momento e’ iniziata la caccia all’ex ‘primula rossa’ del banditismo sardo, condannato piu’ volte per sequestro e omicidio, tanto che col cumulo delle pene la magistratura gli aveva comminato l’ergastolo. Caso giudiziario di cui in Italia non c’era un esempio analogo prima e ne’ se n’e’ verificato uno dopo. Nel 2004 il carcere a vita era tuttavia venuto meno, per via della grazia concessagli dal capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi. Mesina era tornato nella sua Orgosolo, dove si dedicava al lavoro di guida turistica, tra le montagne del Supramonte, conosciute sin dalla giovanissima eta’ e frequentate anche da latitante, durante le molteplici evasioni di cui e’ stato autore. Gia’ nel 2013 tuttavia il provvedimento di clemenza era stato sospeso: Mesina e’ accusato di essere l’ideatore del piano per un sequestro di persona e finisce di nuovo dietro le sbarre. Tre anni piu’ tardi, in seguito a un’indagine da parte della Direzione distrettuale antimafia, di Cagliari, l’accusa, invece, e’ di essere a capo di due gruppi criminali dediti al traffico di stupefacenti. I processi, a Cagliari, e la condanna, confermata nei tre gradi di giudizio, che ora Mesina dovrebbe scontare.
Ma proprio qualche ora prima che la Cassazione scrivesse l’ultimo atto, ‘Grazianeddu’ aveva salutato i familiari e aggiunto una frase sibillina (“le mie cose datele ai poveri”), che sembrava come un’ammissione di volersi sottrarre alla detenzione, l’ennesima di una vita da fuorilegge, considerato che la prima condanna l’ha avuta ad appena 16 anni, per porto abusivo di armi e spari in luogo pubblico. L’ultimo tempo da uomo quasi libero, e’ stato proprio quello trascorso con l’obbligo di dimora a Orgosolo: “Non pensavamo scegliesse un’altra volta la via della latitanza”, ha commentato qualche settimana fa il maggiore dei carabinieri, Michele Cappa, del comando provinciale di Nuoro. “Nell’ultimo anno dava l’impressione di essere sereno e di volersi attenere a quanto avrebbero deciso i giudici”. L’atteggiamento esteriore mascherava i progetti di fuga. Due mesi di latitanza e altrettanti di ricerche continue da parte dei carabinieri, che avendo avuto il 2 luglio l’ordine di riportarlo in carcere, oggi hanno quello di scovarlo dal suo nascondiglio. Il fatto che siano passati due mesi senza che nulla sia successo nelle ricerche, fa pensare a una latitanza ancora lunga. Tra le ipotesi ventilate qualche settimana addietro anche quella di possibili trattative tra gli inquirenti e i legali di Mesina per una costituzione, in cui la richiesta del latitante poteva essere verosimilmente quella di una detenzione non dura e comunque vicina a casa, anche in considerazione di un’eta’ avanzata e qualche acciacco. Alla fine, solo illazioni. Mesina e’ tornato a essere un supericercato. In questi due mesi si sono susseguite le perquisizioni negli ovili delle campagne del Nuorese e anche nell’abitato di Orgosolo, o in altre localita’ dove si e’ ritenuto piu’ facile potesse contare su dei fiancheggiatori, parenti o amici. Operazioni ancora in atto, tramite l’arma in divisa, le squadriglie, i Cacciatori di Sardegna e spesso l’intervento per il controllo aereo dell’elicottero del decimo Nec di Olbia. Ma di Mesina nessuna traccia.