“Mentre i dirigenti degli uffici giudiziari sono impegnati nella redazione dei progetti organizzativi triennali e per i carichi esigibili, la pandemia avanza nei palazzi di giustizia e le Istituzioni competenti sono a oggi silenti”. La denuncia arriva dall’Associazione nazionale magistrati, che parla di “carenze diffuse” e “rischi cui vengono esposti gli operatori e gli utenti”.
“I magistrati italiani – lamenta la giunta uscente dell’ Anm – continuano a disporre di applicativi inadatti per celebrare udienze a distanza, con reti di connessione inefficaci; la trattazione scritta è consentita solo fino al 31 dicembre, con un procedimento per di più macchinoso; mancano le annunciate dotazioni informatiche per lo smart working del personale giudiziario; magistrati, avvocati, personale amministrativo e utenti continuano a utilizzare aule e spazi inadatti a ospitare le udienze in presenza”. Non solo: “Resta irrisolta la disciplina giuridica delle assenze per quarantena di chi potrebbe efficacemente lavorare da casa”. Amara la conclusione: “Pare in definitiva che l’esperienza della prima ondata di contagi non sia servita a programmare il futuro immediato e a immaginare misure adatte a un servizio essenziale qual è quello giudiziario”.
I magistrati italiani “continuano a rendere tale servizio, senza timore di esporsi in prima persona pur di dare risposta alla domanda di giustizia”. Ma “non intendono essere identificati come responsabili delle carenze diffuse nonché dei rischi cui vengono esposti gli operatori e gli utenti a causa dell’assenza delle Istituzioni cui la Costituzione affida l’organizzazione del sistema giustizia”.