Lei mi parla ancora, Avati racconta l’amore eterno

Oggi la parola eternità suona un po’ come una bestemmia, un termine arcaico che rimanda al passato, a spazi e condizioni non umani. Eppure i protagonisti di ‘Lei mi parla ancora’ di Pupi Avati si sono promessi “amore eterno” e dopo 65 anni stanno ancora insieme, avendo ogni giorno combattuto perché quella parola avesse ancora un senso.

Una guerra che ormai nessuno fa più intorno a loro nella società cosiddetta moderna. Quest’ultimo lavoro di Avati, che si annuncia degno di un palmares ricco di David e Nastri, racconta un po’ questo e molto altro. Film Sky Original – prodotto da Bartlebyfilm e Vision Distribution in collaborazione con Duea – sarà l’8 febbraio in prima assoluta su Sky Cinema e in streaming su Now Tv, disponibile anche on demand.

Liberamente tratto dall’omonimo libro di Giuseppe Sgarbi (edito da Skira) – papà di Elisabetta (La nave di Teseo) e del critico d’arte Vittorio – il film racconta appunto la lunga storia d’amore tra Giuseppe (Lino Musella, da giovane, e un Renato Pozzetto da Oscar da anziano), e ‘Rina’ (Isabella Ragonese e Stefania Sandrelli). Quando la povera ‘Rina’ muore, si rompe per la coppia l’incanto dell’eternità. Per salvaguardare il disperato vedovo, i figli chiamano uno scrittore di scarso successo, Amicangelo (Fabrizio Gifuni), a raccoglierne i ricordi. E nel confronto generazionale tra i due si sviluppa la storia che si può sintetizzare nella frase che lo scrittore a un certo punto rivolge al vecchio Nino: “Lei è la persona più distante da me che io abbia incontrato”. “Può essere considerata una storia d’amore anacronistica oggi per la sua durata – dice Avati -, ma quello che mi interessava approfondire era non tanto il contenuto del libro, quanto il rapporto tra lo scrittore, con un matrimonio alle spalle di tre anni e una figlia che vive con l’ex moglie, e il vecchio vedovo. Il fatto è che allora ci volevi credere a ‘un amore per sempre’ come anche a ‘un’amicizia per sempre’. È vero, ora ‘per sempre’ non c’è più, ma riproporlo era un mio dovere”.

Quanto è autobiografico il film? “A fine proiezione mio figlio Enzo mi ha detto: ma Nino Sgarbi sei tu! Certo, c’è molto di autobiografico in questa storia. Sto con mia moglie da 55 anni e conosco la paura di perdere la propria compagna, un’idea verso la quale i maschi sono poco predisposti. E poi la frase che si scambia la coppia ‘Peccato che a una certa età non ci si abbracci più’ è una cosa che mi ha suggerito mia moglie ed è entrata poi nella sceneggiatura”. Spiega in collegamento Zoom Renato Pozzetto:

“Quando ho letto la sceneggiatura, dopo cinque minuti mi ero già commosso. Dopo aver visto il film – continua l’attore ottantenne – mi hanno chiamato gli Sgarbi elogiando la mia prestazione. Devo dire che sono stato davvero felice, sapendo il bene che hanno voluto al loro padre”. Frase cult del film quella di Cesare Pavese tratta dai Dialoghi con Leucò: “L’uomo mortale, Leucò, non ha che questo d’immortale. Il ricordo che porta e il ricordo che lascia. Nomi e parole sono questo. Davanti al ricordo o anche sorridono  loro, rassegnati”.

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