Eurispes: “Assegno unico bene. Ancora meglio se abbinato al quoziente familiare”

«L’Assegno unico e universale è ormai giunto al traguardo. Nasce così uno strumento unico di sostegno economico, corrisposto a tutte le famiglie con figli a carico. Importi precisi e modulazione sono però ancora da definire, anche se comunque la misura andrà a tutti i figli dal settimo mese di gravidanza al 21esimo anno di età».

Spiega così in una nota l’avv. Giovanbattista Palumbo, Direttore dell’Osservatorio Eurispes sulle Politiche fiscali: «L’assegno unico sostituirà quindi, dal primo luglio 2021, gli assegni familiari attuali, le detrazioni per i figli a carico, i bonus bebè e tutti gli altri sostegni economici.

Non dovrebbero peraltro esserci contribuenti che, nel passaggio, andranno a perderci, dato che, in fase attuativa, dovrebbe essere introdotta una clausola di salvaguardia contro tale eventualità.

E poiché oggi le detrazioni spettano fino ai 24 anni, dovrebbe anche esserci una norma transitoria per chi ha figli con più di 21 anni.

In un primo scenario di massima, comunque, si dovrebbe avere un assegno di 161 euro al mese per tutti i figli di famiglie con ISEE inferiore a 30mila euro; oltre quella cifra l’assegno scenderebbe fino a un minimo di 67 euro. Per coprire la differenza negativa rispetto all’attuale trattamento per circa 1,3 milioni di famiglie, dovrebbero occorrere circa 800 milioni di euro.

A guadagnare rispetto alla precedente situazione saranno i lavoratori autonomi e le partite Iva, che oggi non percepiscono gli assegni familiari, ma solo detrazioni per i figli a carico, che partono da 80 euro al mese a figlio (101 per i minori di 3 anni) e decrescono fino ad azzerarsi a 95mila euro di reddito. Anche gli incapienti ci guadagneranno, perché, non pagando tasse in virtù dei redditi bassi, non riuscivano di fatto oggi a godere delle detrazioni.

Andrà meglio poi anche per la maggioranza dei lavoratori dipendenti, considerato che oggi sia gli assegni che le detrazioni decrescono rapidamente dopo i 20mila euro di reddito familiare.

A rischio, invece, sono i lavoratori dipendenti e i pensionati con redditi familiari bassi, attorno ai 15.000 euro l’anno: in questa fascia, infatti, si arriva a prendere il massimo delle detrazioni e il massimo degli assegni per il nucleo familiare, fino a circa 250 euro a figlio al mese. Soprattutto a loro sarà destinata la clausola di salvaguardia.

Il progetto di un assegno unico universale è comunque parte di una riforma strutturale.

La tenuta economica delle famiglie italiane dipende peraltro anche dalla divisione fra famiglie bireddito e monoreddito, essendo queste ultime più esposte alle incertezze dell’economia reale.

L’assegno unico universale non distingue però queste due tipologie di famiglie, laddove, perché ciò avvenga, sarebbe necessario che tale misura fosse legata ad una riforma fiscale più generale, che metta al centro il reddito familiare.

In tal senso, il primo esempio a cui fare riferimento resta quello del quoziente familiare francese, in cui le aliquote d’imposta si basano sul reddito familiare diviso per il numero di componenti, corretti per una scala di equivalenza. In questo modo ci si avvicinerebbe ad una maggiore equità orizzontale e la dichiarazione dei redditi potrebbe bilanciare anche la regressività delle imposte indirette sui consumi dei redditi familiari più bassi.

L’ISEE potrebbe anche fungere da base di partenza per tale riforma, considerando questo strumento già il reddito complessivo del nucleo familiare, più il 20% del patrimonio mobiliare e immobiliare, diviso per una scala di equivalenza: il primo membro “pesa” 1, il secondo 0,57, il terzo (che corrisponde al primo figlio) 0,47, il quarto (che corrisponde al secondo figlio) 0,42. Sono previste poi maggiorazioni per il terzo figlio e per problemi di disabilità.

Tra le criticità che caratterizzano l’attuale sistema ISEE vi è però, ad esempio, l’iniquità delle scale di equivalenza, laddove in Italia al 4° figlio viene dato un valore pari a 0,35 e in Francia, con il quoziente familiare, viene riconosciuto un valore pari a 1.

L’Italia è del resto l’unico paese al mondo che utilizza l’ISEE, che dovrebbe essere uno strumento di politica assistenziale, e non di politica familiare, dato che la famiglia deve essere sostenuta indipendentemente dal reddito (seppur con correttivi a seconda del reddito).

L’assegno universale può dunque rappresentare un primo, importante, passo verso una concreta politica di equità fiscale.

Anche l’assegno universale nasce però con alcuni limiti, tra cui, ad esempio, il limite dei 2 anni, dato che, quando un figlio è a carico e frequenta l’Università, i costi per il suo mantenimento aumentano in maniera importante.

In conclusione, ben venga l’assegno unico; ma tale innovativa introduzione dovrebbe legarsi ad una riforma complessiva della fiscalità della famiglia, che introduca magari, a sostegno dello stesso assegno, anche il quoziente familiare, passando dalla tassazione su base individuale a quello della tassazione per parti.

La tassazione su base individuale è quella che tuttora regola l’applicazione dell’Irpef in Italia.

In tale contesto operano (rectius: operavano) a sostegno del reddito familiare due correttivi. Sul piano fiscale, detrazioni di imposta per il coniuge e per i figli a carico e oneri deducibili o detraibili a fronte delle spese sopportate per i componenti fiscalmente a carico. Sul piano parafiscale, assegni per il nucleo familiare.

Il sistema della tassazione per parti, invece, risponde al principio secondo cui – a parità di reddito e di composizione familiare – a ciascun componente della famiglia deve essere garantito lo stesso ammontare di risorse, prima e dopo le imposte.

Le modalità per attuare tale modello sono di due tipi:

–       lo splitting del reddito, per effetto del quale i redditi complessivi dei coniugi sono divisi per due e si applica al reddito complessivo l’aliquota corrispondente alla metà del reddito;

–       e il quoziente familiare, in base al quale il complesso dei redditi familiare è tassato per quote, dividendo lo stesso reddito per un quoziente determinato in funzione del numero e delle caratteristiche dei componenti del nucleo familiare.

Il quoziente familiare, come detto, è la regola in Francia.

Lo splitting fra coniugi è invece obbligatorio in Portogallo, mentre è opzionale in Germania e Irlanda.

In conclusione, l’assegno unico, modalità di intervento “parafiscale”, ha indubbi pregi, anche solo di semplificazione del sistema.

Ma una più ampia riflessione fiscale (che intervenga sulla base imponibile sottoposta a tassazione), potrebbe fungere da moltiplicatore dei suoi benefici effetti.

E le due misure, congiuntamente, potrebbe fungere anche da “bazooka” contro la denatalità.

Certo, è anche (e forse soprattutto) questione finanziaria. Ma il Recovery Fund potrebbe prendere in considerazione una riforma di ampio respiro come questa»

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