Sette ex terroristi italiani rifugiati in Francia sono stati arrestati stamani a Parigi su richiesta dell’Italia, mentre altri tre sono in fuga e sono ricercati. I dieci sono accusati di atti di terrorismo risalenti agli anni ’70 e ’80.
Sono in attesa di essere presentati al giudice per la comunicazione della richiesta di estradizione da parte dell’Italia. Gli arrestati sono Enzo Calvitti, Giovanni Alimonti, Roberta Cappelli, Marina Petrella e Sergio Tornaghi, tutti delle Brigate Rosse; di Giorgio Pietrostefani di Lotta Continua e di Narciso Manenti dei Nuclei Armati contro il Potere territoriale.
I tre in fuga sono Luigi Bergamin, Maurizio Di Marzio e Raffaele Ventura.
L’operazione, secondo quanto si apprende da fonti italiane, è stata condotta dall’Antiterrorismo della polizia nazionale francese (Sdat) in collaborazione con il Servizio di cooperazione internazionale della Criminalpol e con l’Antiterrorismo della Polizia italiana e con l’esperto per la sicurezza della polizia italiana nella capitale francese.
La questione degli ex terroristi italiani rifugiati Oltralpe si è sbloccata con l’incontro a distanza l’8 aprile scorso tra i ministri della Giustizia dei due Paesi. Quella degli Anni di Piombo è una ferita ancora aperta, l’Italia non può più aspettare, aveva detto la ministra Marta Cartabia, sottolineando l’urgenza di dare subito seguito alla richiesta di assicurare alla giustizia gli ex terroristi, prima che per alcuni scattasse la prescrizione. Un’ esigenza compresa da Eric Dupond-Moretti , che per la prima volta per il suo Paese aveva ammesso la necessità di “fare presto”. La data cerchiata sul calendario quella del 10 maggio, data in cui scatta la tagliola della prescrizione per l’ex brigatista Maurizio Di Marzio, che è uno dei tre ex terroristi in fuga. Per tutti gli arrestati di oggi si ferma il corso della prescrizione.
“Il governo esprime soddisfazione per la decisione della Francia di avviare le procedure giudiziarie, richieste da parte italiana, nei confronti dei responsabili di gravissimi crimini di terrorismo, che hanno lasciato una ferita ancora aperta. La memoria di quegli atti barbarici- afferma il premier Mario Draghi – è viva nella coscienza degli italiani”. “A nome mio e del governo, rinnovo la partecipazione al dolore dei familiari nel ricordo commosso del sacrificio delle vittime”.
‘Ombre rosse’: così è stato chiamato dalle autorità francesi e italiane il dossier riguardante gli ex terroristi italiani arrestati questa mattina in Francia. Dei 7 fermati, quattro hanno una condanna all’ergastolo: Capelli, Petrella, Tornaghi e Manenti. Per Alimonti e Calvitti, la pena da scontare è rispettivamente 11 anni, 6 mesi e 9 giorni e 18 anni, 7 mesi e 25 giorni. Pietrostefani deve scontare una pena di 14 anni, 2 mesi e 11 giorni.
L’Eliseo, in merito all’arresto degli ex brigatisti italiani, ha precisato che la decisione del presidente Emmanuel Macron “si colloca strettamente nella logica della ‘dottrina Mitterrand’ di accordare l’asilo agli ex brigatisti, eccetto ai responsabili di reati di sangue'”. La compilazione della lista dei 10 nomi (7 arrestati e 3 in fuga) è il frutto “di un importante lavoro preparatorio bilaterale, durato diversi mesi – sottolinea l’Eliseo – che ha portato a prendere in considerazione i reati più gravi”.
“Il presidente Emmanuel Macron – ha fatto sapere l’Eliseo – ha voluto risolvere questo problema, come l’Italia chiedeva da anni. La Francia, anch’essa colpita dal terrorismo, comprende l’assoluto bisogno di giustizia delle vittime”. Inoltre, questa decisione – continua l’Eliseo – “rientra nella logica della necessità imperativa di costruire un’Europa della giustizia, in cui la reciproca fiducia sia al centro”.
Irene Terrel, storica avvocata degli ex terroristi italiani in Francia, ha denunciato stamattina un “tradimento senza nome da parte della Francia”. “Sono indignata – ha detto la Terrel dopo l’arresto di 7 ex brigatisti – e non ho parole per descrivere questa operazione che assomiglia a una piccola retata”.
“Gli arresti odierni avvenuti a Parigi di persone anziane, in alcuni casi gravemente malate come Giorgio Pietrostefani, a quasi mezzo secolo di distanza dai fatti per i quali sono stati condannati sono l’effetto del diritto alla vendetta”, dichiara Sergio Segio, ex esponente di Prima Linea che ha scontato 22 anni di carcere per i delitti commessi negli ‘Anni di piombo’ e da anni ormai con il Gruppo Abele impegnato nel sociale. Un periodo quello cosiddetto degli ‘Anni di piombo’ non passato alla storia, dice Segio se lo si continua a trattare come cronaca, inseguendo ai quattro angoli del mondo uno sparuto gruppetto di persone anziane, e da decenni pur faticosamente integrate, affinché ‘non la facciano franca’ “. Protagonisti di “un periodo cupo e insanguinato per il quale le ferite personali di chi è stato direttamente o indirettamente colpito esigono rispetto e considerazione, ma che non devono e non possono trasformarsi in vendetta, come sta avvenendo”.
“Gli arresti degli ex brigatisti in Francia non sono solo una soddisfazione per noi parenti delle vittime, ma per tutto il nostro Paese. E’ una giustizia che doveva essere assicurata molto tempo fa”, afferma Adriano Sabbadin, figlio del macellaio Lino Sabbadin, ucciso nel 1979 a Santa Maria di Sala (Venezia) dai Pac, commenta l’operazione svolta dall’antiterrorismo a Parigi. “I nostri morti non sono andati in prescrizione’ – aggiunge – e mi dispiace che Luigi Bergamin – che partecipò all’omicidio Sabbadin ndr. – sia riuscito a fuggire, ma sono fiducioso che possa essere catturato. Questi non sono da considerare ex terroristi”.
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