Ora lo scandalo che sta investendo il Csm. Prima il caso Palamara che sta facendo tremare tutte le Procure. E andando indietro con la memoria il ‘caso Tortora’. Tre immagini emblematiche, ma esistono tantissimi altri che hanno l’unico effetto di minare la fiducia degli italiani ed investitori, anche esteri, nel sistema Italia. Prima che sia troppo tardi bisogna agire per porre rimedio a quella che si annuncia una ‘catastrofe’ per l’intero Paese. Ora è giunto il tempo di riformare il sistema giudiziario sia penale che civile passando per quello tributario. E non bisogna avere paura: il Parlamento deve agire per evitare una implosione sistemica. La politica, nel passato, ha cercato di riformare la Giustizia. Sia il centro sinistra che il centro destra, quando hanno governato, avevano i numeri per ammodernizzare il Paese ma non hanno fatto nulla. Tutti hanno messo al centro della rispettiva agenda politica la riforma della giustizia ma nulla è stato fatto: tutto è rimasto lettera morta. Probabilmente tutti hanno avuto paura di agire su un organo ‘indipendente’ per evitare eventuali contraccolpi giudiziari. Un timore, questo, che continua a pervadere la politica nostrana ma che fa dell’Italia un Paese ‘poco democratico’. Ora più di ieri i tempi sono maturi e bisogna agire. Parlare di separazione delle carriere, di responsabilità dei giudici, eliminazione delle correnti, composizione del Csm non può essere bollinato dal corpo della magistratura come uno scandalo. E parlare del ruolo fondamentale che deve avere il Parlamento, e quindi della politica, nella governance della giustizia, come avviene in quasi tutti i paesi democratici e non solo occidentali, non può far pensare ad un ‘attentato alla Costituzione’. La terzietà non va messa in discussione ma non si può continuare a pensare ad una magistratura che viene vista come un organo a se stante che tiene ‘sotto ricatto’ l’intero sistema Paese. Dunque se il sistema non sarà riformato sarà la democrazia del Paese a crollare: non si può restare ostaggi o sperare in un sostituto procuratore ‘arrabbiato’, con conseguente lotta tra Procure che arrivano a lambire il Quirinale. Le ombre vanno diradate anche perché la serie inaudita di scandali sta dimostrando che la magistratura non è più in grado di controllare se stessa da sola. Un timore che si era palesato anche agli occhi dei costituenti che ora è diventato realtà. Ora spetta al Parlamento pensare ad una ‘rinascita’ della Giustizia. Ed il momento, paradossalmente, sembra essere quello giusto: l’eterogeneità della maggioranza che sostiene il governo Draghi rappresenta il punto di forza per approvare le riforme di cui ha bisogno l’Italia. Ieri sarebbe stato utopico far dialogare centro destra e centro sinistra, con le loro rispettive differenze, sulla riforma della giustizia. Ora invece sono obbligati a parlarsi, a decidere e a varare un riforma attesa da decenni. L’ombrello, o meglio la protezione nei confronti dei rispettivi elettorati, opinione pubblica e lobby di riferimento viene loro data ‘gratuitamente’ da Mario Draghi. Tutti i partiti dovranno certamente rinunciare a qualche ‘desiderata’ ma tutti comprendono solo grazie ad un Parlamento che sostiene un esecutivo di ‘unità nazionale’ può adottare misure che fino ad ora nessuna coalizione politica ha avuto il coraggio di varare. E la riforma della giustizia va approvata in tempi brevi altrimenti l’Italia rischia di essere ‘commissariata’ sull’uso dei fondi europei del Recovery Plan. Il ministro della Giustizia Marta Cartabia lo scorso 25 aprile è stata esplicita. “Deve essere molto chiaro che senza riforme della giustizia, niente fondi del Recovery”. E sulle divergenze tra i partiti aggiunse. “Proprio la giustizia deve diventare il terreno sul quale ritrovare lo spirito di unità nazionale. Le diversità resteranno, come nella stagione che portò alla nascita della Costituzione, ma come allora si può provare a ricomporre le fratture su progetti precisi in nome di uno scopo più grande”. Una sfida grande, sicuramente, ma che tutti capiscono che potrà essere vinta solo grazie a Mario Draghi. E anche su questo tema il presidente del consiglio rappresenta l’unico ‘politico’ in grado di fare uscire l’Italia da questa impasse.
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