Zona arancione per 3 Regioni, nessuna in rosso, quasi tutta Italia mantiene il giallo. La nuova mappa a colori in vigore da lunedì 10 maggio fotografa un’Italia in netto miglioramento, ma ancora troppo lontana dal giro di boa che indicherebbe l’uscita dal tunnel.
Sulla base dei nuovi dati Iss, il ministro della Salute Roberto Speranza ha firmato tre ordinanze: la prima classifica in zona arancione la Val d’Aosta, la seconda rinnova l’arancione per la Sicilia e la terza porta in zona gialla Basilicata, Calabria e Puglia. Complessivamente, quindi, la nuova mappa a colori delle Regioni dal 10 maggio è questa:
- zona gialla: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Provincia autonoma di Bolzano, Provincia autonoma di Trento, Puglia, Toscana, Umbria e Veneto
- zona arancione: Valle d’Aosta, Sicilia e Sardegna
- zona rossa: nessuna.
La ormai prevalente circolazione in Italia della variante inglese e la presenza di altre varianti richiedono di continuare a mantenere particolare cautela e gradualità nella gestione dell’epidemia, raccomanda l’Istituto Superiore di Sanità.
L’incidenza è in lenta diminuzione ma ancora elevata per consentire sull’intero territorio nazionale una gestione basata sul contenimento, cioè sull’identificazione dei casi e sul tracciamento dei loro contatti. L’incidenza settimanale si fissa a 127 casi positivi per 100mila abitanti, contro i 146 della settimana scorsa.
Migliora anche il rischio, con nessuna Regione a rischio alto, 6 Regioni a rischio moderato, di cui una, la Calabria, ad alta probabilità di progressione a rischio alto nelle prossime settimane, e 15 a rischio basso.
Scende anche il numero di Regioni che hanno un tasso di occupazione in terapia intensiva o aree mediche sopra la soglia critica: 5 contro le 8 della settimana precedente. Il tasso di occupazione in terapia intensiva a livello nazionale è sotto la soglia critica (27%), con una diminuzione nel numero di persone ricoverate che passa da 2.748 a 2.423. Anche il tasso di occupazione in aree mediche diminuisce ancora e si posiziona al 29%, con 18.176 persone ricoverate, contro le 20.312 della settimana scorsa.
Nel periodo 14-27 aprile 2021 l’indice Rt medio calcolato sui casi sintomatici è stato pari a 0,89 (range 0,85– 0,91), in lieve aumento rispetto alla settimana precedente, ma sotto l’1 anche nel limite superiore. Tutte le Regioni hanno una trasmissibilità compatibile con uno scenario di tipo 1. Ecco tutti gli indici Rt Regione per Regione.
Regioni con Rt sotto 1
- Calabria 0.74
- Sardegna 0.74
- Friuli Venezia Giulia 0.78
- Abruzzo 0.82
- Basilicata 0.82
- Piemonte 0.84
- Toscana 0.88
- Sicilia 0.89
- Lazio 0.91
- Puglia 0.91
- Lombardia 0.92
- Emilia-Romagna 0.92
- Umbria 0.93
- Valle d’Aosta 0.93
- Marche 0.94
- Campania 0.95
- Veneto 0.95
- Liguria 0.96
- Provincia autonoma di Trento 0.97.
Regioni con Rt sopra 1
- Provincia autonoma di Bolzano 1.07
- Molise 1.25.
Mentre dunque tutti gli indicatori sono in calo in tutte le Regioni, l’Rt a livello nazionale fa registrare una lieve crescita per la terza settimana consecutiva. Una discrepanza che ha spinto i governatori a chiedere al ministro Speranza una rivalutazione dei parametri, perché l’indice Rt risulta troppo fuorviante poiché calcolato su dati già vecchi.
Abolire l’Rt: cosa potrebbe sostituirlo
“La prima cosa che deve essere superata oggi, vista anche la situazione contingente del Paese, è quella dell’indice Rt che oggi andiamo a valutare” rilancia il presidente della Conferenza delle Regioni e del Friuli-Venezia Giulia Massimiliano Fedriga. “Quando l’incidenza è bassa, il rischio è che pochi contagi lo facciano schizzare. Se in mezzo alla stagione turistica una Regione passa da 4 a 8 contagi rischia di andare a Rt 2. Se passa a 8 contagi quella Regione, con i turisti in casa, diventa rossa. Sarebbe un disastro”, lamenta.
Lo stesso presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Silvio Brusaferro ha ammesso che “siamo in fase di transizione e ci stiamo avvicinando verso un nuovo scenario dove il numero persone vaccinate e protette sta crescendo rapidamente” e dunque “è chiaro” che anche il modello di valutazione del rischio e dell’allerta debba essere modificato.
E’ già al lavoro un tavolo tecnico con il compito di rivedere i parametri. Fedriga lancia anche l’ipotesi di usare come parametro l’Rt ospedaliero piuttosto, un indicatore “che può dare un segnale reale e non una visione distorta”.
Posizione peraltro condivisa da Fabio Ciciliano, membro del Comitato tecnico scientifico varato dal governo Draghi in rappresentanza del Dipartimento della Protezione civile, che in una intervista all’Adnkronos ha ricordato che “come Comitato tecnico scientifico noi ci siamo comunque già espressi il mese scorso: abbiamo suggerito di calcolare l’Rt sui ricoveri nei reparti di degenza Covid e nelle terapie intensive“.
Per due motivi: primo perché in questo modo i dati sarebbero più recenti e raccolti più rapidamente, secondo perché così si potrebbe valutare l’impatto della pandemia sui sistemi sanitari regionali, risentendo meno delle fluttuazioni determinate dal numero dei tamponi positivi.
Quello passato è stato un weekend impegnativo per il ministro Speranza, finito al centro di durissime critiche da parte dei medici di base, in particolare quelli aderenti al Comitato Cure Domiciliari Covid, che si sono riuniti sabato a Roma per una manifestazione in cui chiedere cure a casa tempestive e adeguate, adoperando antifiammatori e FANS sin dai primissimi sintomi del (potenziale) Covid.
L’idea di base è dire stop a “Tachipirina e vigile attesa” che, come dimostra l’evidenza clinica sulla base dello schema terapeutico adottato dal Comitato, ma anche da altri (come il team del prof. Remuzzi a Bergamo e l’associazione Ippocrate.org), si rileva inadeguata, e dunque molto pericolosa, aumentando il numero di ricoveri in ospedale nei casi in cui il Covid si sarebbe probabilmente potuto curare a casa, se preso in tempo con i farmaci giusti.
Sul fronte politico il dibattito è tutto concentrato invece sul coprifuoco e sulle nuove riaperture. Lo spostamento del coprifuoco in zona gialla dalle 22 alle 23 o mezzanotte potrebbe avvenire nel giro di “7-10-15 giorni” ha anticipato il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri a Domenica In.
Ma “deve esserci una valutazione scientifica” naturalmente. Anche il ministro Luigi Di Maio ha parlato di 16 o 17 maggio come possibile data.
Sulle riaperture nel settore dei matrimoni e dello sport è intervenuta invece la ministra per gli Affari regionali e le autonomie Mariastella Gelmini. “Moltissimi futuri sposi e operatori del wedding mi hanno scritto e io li rassicuro: il Governo ci sta lavorando e sulla base dell’andamento dei contagi presto daremo una data per la ripresa perché i matrimoni hanno bisogno di una programmazione”.
Lo stesso vale per lo sport. Già in settimana, spiega la ministra, ci saranno cabine di regia con il Cts per dare date a questi settori. “C’è l’emergenza sanitaria, ma anche quella economica” e rassicura dicendo che “presto arriverà il decreto Sostegni bis con 40 miliardi a supporto delle categorie colpite“.