Non solo semplici dispositivi che utilizziamo, ma una casa, il ‘luogo in cui viviamo’. Sono questo sempre più gli smartphone secondo uno studio dell’Ucl, University College London.
Un team di 11 antropologi ha trascorso 16 mesi a documentare l’uso dello smartphone in 9 paesi in Africa, Asia, Europa (tra cui l’italia) e Sud America, con particolare attenzione agli anziani. L’analisi è pubblicata su The Global Smartphone: Beyond a youth technology, nuovo libro coordinato dal professor Daniel Miller. Lo studio rivela come siamo dei “senzatetto” quando perdiamo i telefonini, perché è lì che esprimiamo sempre più la nostra personalità, i nostri interessi e valori. Li adattiamo alle esigenze e abbiamo ‘barattato’ il tempo trascorso faccia a faccia con la famiglia e gli amici con le ore “a casa” sui nostri smartphone.
“Il rovescio della medaglia – evidenzia Miller – è che in qualsiasi momento, durante un pasto, un incontro o un’altra attività condivisa, una persona può semplicemente ‘scomparire’, essendo “tornata a casa” sul proprio smartphone. Questo comportamento, e la frustrazione o persino l’offesa che può causare, è ciò che chiamiamo la ‘morte della prossimità’. Stiamo imparando a convivere con il rischio che anche quando siamo fisicamente insieme, possiamo essere soli socialmente, emotivamente o professionalmente. Allo stesso tempo, lo smartphone ci sta aiutando a creare e ricreare una vasta gamma di comportamenti utili, dal ristabilimento di famiglie allargate alla creazione di nuovi spazi per la sanità e il dibattito politico”. Per l’esperto il ‘peso’ degli smartphone mette in rilievo ancora di più le differenze che derivano dall’esclusione digitale. Global Smartphone rivela altri modi in cui i telefonini ci stanno cambiando: ad esempio, emoji, gif, immagini, hanno esteso la comunicazione umana oltre la parola parlata o scritta – ora intere di conversazioni possono avvenire attraverso le immagini. La fotografia è sempre più ” funzionale”, cioè scattiamo foto per registrare e archiviare informazioni.
Potremmo poi non sentirci più vecchi: in molte regioni del mondo lo smartphone ha contribuito a cambiare l’esperienza dell’invecchiamento, facendo sentire continuità con la giovinezza: sentirsi vecchi è associato alla fragilità piuttosto che all’età.
Lo studio dell’University College London ha reso possibile delineare l’utilizzo dello smartphone in diverse parti del mondo. In Cile e in Italia, ad esempio, i dispositivi consentono ai migranti di “essere” insieme sia alle persone del loro paese d’origine sia di dove vivono davvero. In Camerun, il cellulare sta aiutando la classe media a creare una nuova sfera pubblica per il dibattito politico. In Irlanda, gli smartphone hanno contribuito a rinvigorire la vita delle persone anziane facendola ruotare attorno a taNte attività, visto anche l’innalzarsi dell’età pensionabile. Le osservazioni in Brasile, invece, hanno portato alla creazione di un manuale di 150 pagine di best practice per l’utilizzo di WhatsApp per la salute. Infine, in Cina, molte persone anziane si identificano positivamente con gli smartphone poichè li ritengono una spinta che aiuta il paese a superare altre economie avanzate abbracciando le nuove tecnologie.