‘Di tutti disse mal ma non del Cristo scusandosi col dir: non lo conosco!’, è l’adagio che meglio di tutti può descrivere Selvaggia l’Aretina. Ovviamente parlo della giornalista pubblicista Selvaggia Lucarelli sempre impegnata a diffondere livore e malanimo su chi sceglie per le sue invettive disinformate e inopportune.
Stavolta parliamo di Giorgia Meloni e del suo libro ‘Io sono Giorgia’, autobiografia della leader di Fratelli d’Italia, pubblicato da pochi giorni. Tra le rivelazioni contenute nel libro, si trova un passaggio in cui l’autrice racconta che sua madre stava pensando di abortire, salvo poi cambiare idea all’ultimo momento.
La Lucarelli trova che quando la madre di Giorgia Meloni era incinta la legge sull’aborto non esisteva. Giorgia Meloni infatti è nata il 15 gennaio 1977. La madre rimane dunque incinta più o meno ad aprile dell’anno prima, ed infatti nel passaggio del libro sulla mattina della decisione la Meloni specifica che era primavera. Dunque stiamo parlando della primavera del 1976. Nel 1976 l’interruzione volontaria di gravidanza era una pratica illegale. Abortire era un reato che prevedeva una pena dai 2 ai 5 anni. L’aborto, nel 1976, era consentito solo secondo quanto stabilito dalla sentenza n. 27 del 18 febbraio 1975, che ‘dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 546 del codice penale, nella parte in cui non prevede che la gravidanza possa venir interrotta quando l’ulteriore gestazione implichi danno, o pericolo, grave, medicalmente accertato nei sensi di cui in motivazione e non altrimenti evitabile, per la salute della madre’. La legge 194 sull’aborto, grazie alla quale oggi l’interruzione di gravidanza in Italia è consentita entro i primi tre mesi (escluso l’aborto terapeutico), è del 22 maggio 1978. Giorgia Meloni, il 22 maggio del ’78, aveva un anno e 4 mesi.
Lucarelli osserva che nel 1976, anno di nascita dell’ex Ministro per la Gioventù, l’aborto fosse una pratica illegale.
Il passaggio del racconto di ‘Io sono Giorgia’ al quale Selvaggia Lucarelli fa riferimento è il seguente:
Devo tutto solo a mia madre. Perché la verità è che io non sarei mai dovuta nascere. Quando rimase incinta, Anna aveva ventitré anni, una figlia di un anno e mezzo e un compagno con cui non andava più d’accordo (…), l’avevano quasi convinta che non avesse senso mettere al mondo un’altra bambina in quella situazione. Ricordo quando me l’ha confessato, e ricordo il tempo per digerire quel sasso. Ma poi ho capito il combattimento di una donna sola: farti nascere o farti tornare nel niente.
Naturalmente attendiamo che @GiorgiaMeloni chiarisca questa storia. Sua madre stava abortendo clandestinamente e non è andata come racconta nel libro o non ha mai pensato di abortire?
La senatrice Isabella Rauti, responsabile del Dipartimento Pari Opportunità, Famiglia e Valori non negoziabili di FDI: ‘Ennesima squallida polemica della sinistra nei confronti di Giorgia Meloni, che nel suo libro ha ricordato come sua madre, ritrovatasi incinta di lei ma sola, senza un lavoro e disperata si fosse decisa ad interrompere questa gravidanza. Una decisione che però poco dopo rivide, scegliendo la vita’.
Selvaggia Lucarelli piuttosto che esaltare questa storia di vita e di puro amore, non ha trovato niente di meglio via Facebook che polemizzare parlando di una notizia falsa, di una storia strappalacrime ed insinuando il dubbio di un possibile reato visto che, secondo lei, nel 1976 in Italia l’aborto era reato. Niente di più falso dato che è dal febbraio del 1975 che l’aborto non è più un reato. Infatti, la Corte Costituzionale, con la Sentenza 27/1975, aveva espressamente sancito che non potessero andare incontro a conseguenze penali coloro che procuravano l’aborto e le donne che vi consentivano. La sentenza tutelava non solo la salute fisica ma anche quella psichica, ben oltre lo stato di necessità. La consulta infatti dichiarava parzialmente incostituzionale l’art. 546 c.p., nella parte in cui puniva chi cagionava l’aborto di donna consenziente anche qualora fosse stata accertata la pericolosità della gravidanza per il benessere fisico o per l’equilibrio psichico della gestante. Dopo questa sentenza che depenalizza l’aborto e lo rende una pratica legale, che non poteva portare dunque più ad alcuna conseguenza sanzionatoria, arriva la legge 194 del 1978, che regolamenta l’interruzione di gravidanza, ne disciplina i contorni e riempie il vuoto normativo che con la sentenza del 1975 nell’ordinamento si era venuto a creare. Non era reato, non lo era più da tempo.
Un’interpretazione che viene diffusa anche da Sara Kelany, avvocata iscritta a Fratelli d’Italia.
‘E dopo questa sentenza, che depenalizzava l’aborto e lo rendeva una pratica legale, arriva la legge 194 del 1978 che regolamenta l’interruzione di gravidanza disciplinandone i contorni e riempiendo il vuoto normativo creato con la sentenza del 1975’, aggiunge Rauti.
‘Insomma, non era reato e non lo era più da tempo. L’ennesima falsità da parte di chi ogni giorno si riempie la bocca a parole di tutela dei diritti delle donne, ma poi alla prova dei fatti non perde occasione per alimentare squallide speculazioni soltanto al fine di ottenere qualche like e un briciolo di notorietà’.
L’avvocato Kelany commenta la polemica sollevata dalla giornalista definendola ‘una cosa miserevole’. Ancora una volta – scrive – pur di rovistare nel torbido consenso del web come un accattone nei cassonetti, si è speculato sui sentimenti più profondi, spettegolando come volgari viperette di rione su fatti che hanno oggettivamente una poderosa portata emotiva per chi li vive e ne scrive’.
Cocis
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