Obiettivo: mettere in sicurezza le riforme entro febbraio 2022, prima che inizi la corsa per il Quirinale. Il metodo che sta adottando il Presidente del Consiglio è un modo per non arrivare impreparati a quella data e che sarà decisivo per l’elezione del Capo dello Stato e non inciderà minimamente sulla durata della legislatura, che a nostro avviso giungerà alla sua scadenza naturale, 2023.E’ vero che dal centro-destra giungono voci, soprattutto da Lega e Fratelli d’Italia, che vorrebbero Draghi al Quirinale, ma riteniamo sia un modo per aprirsi un varco verso elezioni anticipate, stante i sondaggi a loro favore. Ma Draghi si tiene fuori dai tatticismi dei partiti e tira avanti per la sua strada, perché sa bene che se si lasciasse invischiare, comprometterebbe il cammino dell’esecutivo da lui guidato. Pertanto assiste da lontano alle manovre di quanti a destra fanno il suo nome e di quanti a sinistra fanno pressing su Mattarella per una sua rielezione. Normalmente l’approssimarsi del semestre bianco aumenta le tensioni nei partiti e incide sulla tenuta dei governi. Ma tutti sembrano aver dimenticato che Draghi è stato chiamato in una situazione di default della politica e dei partiti. Questi ultimi smemorati e superficiali, fanno finta di azzuffarsi dando vita al solito spettacolo che abbiamo visto nel corso degli ultimi anni, come se nulla fosse accaduto, come se non ci fosse stata la pandemia con suoi circa 140000 morti fino ad oggi, un’economia al collasso e una parte della popolazione disperata e alla fame. E nemmeno l’avvicinarsi delle elezioni amministrative i cui risultati determineranno le sorti di molti leader di partito, potrebbero incidere negativamente sulle sorti dell’esecutivo. Nessuna delle forze politiche che lo sostengono si può permettere il lusso di staccare la spina. Salvini avrebbe contro tutto l’elettorato del Nord del Paese, che lo ha spinto ad entrare al governo e poi farebbe un grande regalo alla Meloni che non aspetta altro. Nel Pd Letta non avrebbe né la forza di immaginarlo né di ipotizzarlo, perché all’interno del Pd è stritolato da mille correnti: è un re travicello. I leader in campo sanno bene che dal Premier dipende la vita dei loro stessi partiti. Quindi non esistono alternative: Draghi è una garanzia difficile ad escutersi. E il risultato del voto amministrativo del prossimo autunno potrebbe indurre i partiti a ricercare un’intesa per una nuova legge elettorale, così da cambiare le regole del gioco e restituire un ruolo ai partiti e al Parlamento.
Andrea Viscardi