Ha tentato di uccidere il reggente del clan rivale per espandersi in due comuni vesuviani. I carabinieri di Napoli hanno eseguito una misura di custodia cautelare in carcere emessa dal gip partenopeo nei confronti del boss Antonio Terracciano e di due elementi vertice del suo clan. I tre devono rispondere, a vario titolo, di tentato omicidio in concorso e porto in luogo pubblico di armi, reati aggravati dalle finalita’ mafiose, per aver pianificato ed eseguito l’agguato a Umberto Piscopo, all’epoca dei fatti a capo della cosca Piscopo-Ponticelli, attiva a Massa di Somma e San Sebastiano al Vesuvio.
I fatti risalgono al 3 maggio 2018 quando a Massa di Somma, davanti al portone dell’abitazione di Piscopo, un ‘gruppo di fuoco’ aveva esploso numerosi colpi di pistola calibro 7,65 per ucciderlo mentre usciva di casa. Intercettazioni telefoniche e ambientali, ma anche dichiarazioni rese da persone informate dei fatti, da un collaboratore di giustizia e da uno degli arrestati oggi davanti a un pm, nonche’ riconoscimenti fotografici hanno ricostruito il ruolo dei tre nell’agguato. Antonio Terracciano, 32 anni, pregiudicato, elemento di primo piano del gruppo camorristico omonimo, e’ il mandante dell’azione ma anche vi ha partecipato; Umberto Scognamiglio, 50enne pregiudicato, ha partecipato alla fase esecutiva e organizzativa dell’agguato, esplodendo materialmente i colpi di pistola; Antonio Borrelli, 40 anni, pregiudicato, ha portatto in auto Terracciano davanti ca sa di Piscopo, fungendo successivamente da palo. Con la morte di Piscopo, i Terracciano intendevano di ottenere il controllo del territorio a Massa di Somma e San Sebastiano al Vesuvio.