Fallimento della società trasformata: cosa dice la Cassazione?

La Corte di Cassazione Civile si è pronunciata a inizio anno, con la sentenza n.1519 del 25/01, in materia fallimentare e in particolare sulla trasformazione e fallibilità dell’ente originario, nel caso di specie una S.r.l. trasformatasi in associazione sportiva dilettantistica.

La ricorrente (l’associazione sportiva dilettantistica in cui si era trasformata la precedente S.r.l.) aveva mosso come motivazioni tre diverse violazioni che avrebbe compiuto la Corte d’Appello nell’applicazione del C.C. (art. 2495 e ss.) e della Legge fallimentare (Art. 9-10 e 15). La prima motivazione, in particolare, insisteva sul fatto che la Corte avesse errato nell’impartire la dichiarazione di fallimento alla S.r.l. e non all’ente che ne era risultato dalla trasformazione, come avrebbe dovuto in quanto esso ne eredita “i rapporti processuali e sostanziali facenti capo” all’ente originario. Inoltre, si specifica che è cosa diversa la cancellazione dal registro delle imprese per avvenuta cessazione dell’attività imprenditoriale da quella sopraggiunta a causa della trasformazione dell’ente.

La Corte di Cassazione ha rigettato tutte le motivazioni, approfittando di questo caso particolare per enunciare una serie di principi di diritto che saranno riportati in sintesi dopo aver visto un po’ più da vicino le motivazioni che hanno portato al rigetto.

Innanzitutto, il fatto che dopo la trasformazione proseguano i rapporti in essere con l’ente trasformato non è un aspetto in grado di incidere a livello di responsabilità patrimoniale sia anteriore, sia posteriore all’avvenuta trasformazione. La trasformazione eterogenea, dunque, nel caso di specie di una società (S.r.l.) in una associazione non riconosciuta e non iscritta nel registro delle imprese, non implica nessun impedimento nei confronti della fallibilità dell’ente originario, poiché nonostante tale operazione abbia modificato il regime di responsabilità patrimoniale (che per l’associazione sportiva dilettantistica è assimilabile alle associazioni non riconosciute di cui all’art.38 C.C.) non ha comunque la forza di mutare retroattivamente il regime di responsabilità della società prima che si compisse l’operazione di trasformazione.

Da ciò, dunque, come anche già espresso in una precedente sentenza della Cassazione Civile (n.4737 del 21/02/2020), consegue anche che la trasformazione non è in grado di essere considerata “una causa di sottrazione dell’impresa societaria dalla soggezione alle procedure concorsuali” e quindi i creditori antecedenti al verificarsi di essa si avvantaggiano del regime di responsabilità della struttura precedente la trasformazione.

La Corte poi si è soffermata sull’applicazione dell’art.10 della L. Fall. che prevede la fallibilità dell’ente entro un anno dalla cancellazione del registro delle imprese e ha precisato che tale articolo non fornisce una specificazione in base alla quale distinguere motivazioni in base alle quali è avvenuta la cancellazione dal registro, comprendendo perciò qualsiasi motivazione, inclusa la cancellazione per avvenuta trasformazione. Dunque, la trasformazione eterogenea di una società fallibile non è sufficiente a impedire che essa fallisca e la trasformazione, come motivo della cancellazione dal registro, non invalida l’art.10 della L. Fall. facendo sì che l’ente originario possa comunque essere dichiarato fallito basta che si rispetti il limite di un anno da partire dall’avvenuta cancellazione.

Ecco, schematicamente, i quattro principi di diritto emersi dalla sentenza:

  • L’istituto della trasformazione, presente nel Codice civile (Libro V – Titolo V – Capo X) art. 2498 e ss., comprende in sé diverse figure tra loro a tal segno diverse da non risultare idoneo a una ricostruzione unitaria dei temi di ogni singola figura;
  • In caso di trasformazione, l’art. 10 della L. Fall. è da considerarsi comunque valido ed applicabile nei confronti dell’ente originario (ante trasformazione) e la sua “soggettività fallimentare non è diversa da quella che viene riconosciuta a una qualunque società cancellata dal registro e dichiarata fallita nel corso dell’anno successivo”;
  • I creditori che siano tali anteriormente alla cancellazione della società dal registro usufruiscono del regime di responsabilità della società nel momento in cui è debito con loro è stato contratto. La fallibilità della società, dunque, sarà legata al tipo di responsabilità dell’ente originario e non di quello dell’ente intervenuto a seguito della trasformazione;
  • “Lo strumento di tutela dei creditori dato dall’opposizione, che è previsto dalla legge in relazione alle operazioni di trasformazione, non può in alcun modo considerarsi sostitutivo di quello rappresentato dal fallimento, posto che, per la categoria dei creditori anteriori alla trasformazione, appronta una tutela di intensità sensibilmente inferiore”.

Il ricorso è stato rigettato in tutte le sue motivazioni e la sentenza costituisce un importante pronunciamento in merito al fallimento delle società trasformate che rende più chiara la linea giurisprudenziale di interpretazione della norma su tali questioni, sottolineando come la disciplina di prosecuzione dei rapporti in essere tra ente originario e trasformata non incidano sulla legittimità di una precedente declaratoria fallimentare.

AVV. NICOLA BRUNO

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