Roma, 4 consiglieri lasciano il Movimento 5 Stelle. Raggi perde la maggioranza

Quattro consiglieri M5s lasciano il Movimento e lo comunicano  in apertura di lavori in aula Giulio Cesare. Si dimettono’: Donatella Iorio, Marco Terranova, Enrico Stefa’no ed Angelo Sturni.  La sindaca di Roma Virginia Raggi perde definitivamente la maggioranza in Campidoglio.  I quattro consiglieri hanno inoltre annunciato la nascita di un nuovo gruppo che dovrebbe chiamarsi  ‘Il piano di Roma’.

Con la creazione di un nuovo gruppo di ben quattro consiglieri fuoriusciti dai 5 Stelle non vi e’ piu’ la minima possibilita’ per la Raggi di avere i numeri in Consiglio”. E’ quanto dichiarano gli esponenti di Fratelli d’Italia, Andrea De Priamo capogruppo in Campidoglio e i consiglieri comunali Francesco Figliomeni, Lavinia Mennuni e Rachele Mussolini della lista “Con Giorgia”. “Nel frattempo la citta’ e’ invasa dai rifiuti e le municipalizzate in crisi con manifestazioni dei lavoratori a rischio stipendio. Cos’altro aspetta la Raggi a dimettersi? Noi ribadiamo che la mozione di sfiducia e’ pronta – concludono – e chiediamo agli altri gruppi di opposizione di esprimere la propria disponibilita’ a sottoscriverla e votarla”.

“Il sindaco di Roma Raggi non ha più la maggioranza in Assemblea capitolina. È il triste epilogo dell’Amministrazione Cinquestelle: in cinque anni nessun problema della Capitale è stato risolto e rimangono solo disastri e promesse non mantenute. I cittadini romani hanno bisogno di un sindaco all’altezza di questa città che sappia dove mettere le mani, che conosca la macchina amministrativa e sia in grado di dare risposte ai cittadini. Enrico Michetti è la persona giusta e siamo certi che avrà la fiducia dei romani”,  dichiara il presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni.

E adesso, a meno di quattro mesi dalle elezioni, la sindaca di Roma rischia di non poter concludere il suo mandato. Le opposizioni sono già pronte a presentare una mozione di sfiducia e il futuro della sindaca è appeso al voto degli ex 5 Stelle. Marcello De Vito, Maria Agnese Catini, Gemma Guerrini, Monica Montella, Cristina Grancio, Simona Ficcardi e adesso anche Enrico Stefàno, Angelo Sturni, Marco Terranova e Donatella Iorio: sono i nomi dei dieci consiglieri che nel corso della consiliatura anni hanno lasciato il Movimento 5 Stelle con cui erano stati eletti e, pezzo dopo pezzo, hanno fatto evaporare la larga maggioranza che sosteneva la sindaca Raggi. Neanche un mese fa aveva annunciato il suo addio al Movimento il presidente dell’assemblea, Marcello De Vito, ora passato nel gruppo di Forza Italia.

La sfiducia a Raggi avrebbe tuttavia soltanto un valore simbolico e politico, dato che, ovviamente, la data delle elezioni non verrebbe in ogni caso anticipata.

La sindaca Raggi ha davanti a sé un bivio: dimettersi anticipando il voto in aula e l’eventuale sfiducia oppure aspettare il voto in assemblea sperando che non tutti i gruppi abbiano la convenienza politica a farla fuori anticipatamente. Per il momento sia Lega che Fratelli d’Italia hanno annunciato che presenteranno una mozione di sfiducia nei confronti della prima cittadina. La partita, come detto, sarà tutta politica: per centrodestra e centrosinistra è più conveniente far ‘saltare’ Raggi a pochi mesi dalle elezioni oppure utilizzarla come facile bersaglio in questo periodo di campagna elettorale? Dall’altra parte: alla sindaca conviene restare in carica oppure tentare di scaricare al commissario le ultime incombenze, come per esempio l’emergenza rifiuti?

Secondo l’articolo 52 del TUEL, testo unico degli enti locali, il sindaco cessa dalla carica in caso di approvazione di una mozione di sfiducia votata per appello nominale dalla maggioranza assoluta del componenti del consiglio comunale. Nel caso di Roma si tratta di 25 voti, dal momento che l’assemblea capitolina è formata da 48 consiglieri, presidente incluso. La mozione di sfiducia, si legge ancora nel Tuel, deve essere motivata e sottoscritta da almeno due quinti dei consiglieri assegnati, senza computare a tal fine il sindaco, e viene messa in discussione non prima di dieci giorni e non oltre trenta giorni dalla sua presentazione. Se la mozione viene approvata, si procede allo scioglimento del consiglio e alla nomina di un commissario.

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