“Quando si parla di licenziamenti, l’argomento che viene utilizzato da chi difende le imprese, quale che sia il loro comportamento, è il seguente: ‘non ha senso pensare che l’imprenditore voglia licenziare una persona che ha formato e sulla quale ha investito. Farebbe un danno a se stesso e alla sua azienda. L’imprenditore tutela i suoi dipendenti e molte volte è al loro fianco nel condividere lo sforzo lavorativo e ha l’obiettivo di fidelizzarli, non di mandarli via’,” Lo dichiara in una nota Cesare Damiano, già ministro del Lavoro e consigliere Inail. “Ammesso che questo ragionamento valga per l’universo delle imprese – continua – ci domandiamo: dove si ritrova quel gesto protettivo e amorevole in un WhatsApp che annuncia un licenziamento istantaneo? Come capitava negli anni 50 e 60, si tratta di un licenziamento ‘ad nutum’, cioè al cenno: siamo tornati indietro di quasi settant’anni. Il Presidente di Confindustria, anziché attaccare a ripetizione il ministro Andrea Orlando e il viceministro Alessandra Todde, difenda le imprese che tutelano il lavoro e dialogano con il territorio, che sono la stragrande maggioranza, e non quelle che praticano l’obiettivo del ‘prendi i soldi e scappa’ alla ricerca ossessiva di un lavoro senza diritti che costi di meno. L’Italia deve semplicemente fare come gli altri Paesi, ad esempio la Germania e la Francia: difendere le proprie aziende, il lavoro, il territorio e la produzione”, continua Damiano. “Il capitalismo avido e predatorio è ora che lasci il passo all’impresa socialmente responsabile. Ben venga, dunque, una normativa che combatte le ‘delocalizzazioni selvagge’. Il diritto ad essere almeno preventivamente informati e il dovere di restituire le risorse ricevute dallo Stato non credo che possano scoraggiare gli investimenti in Italia da parte degli imprenditori seri”, conclude l’ex ministro.
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