Alla Scuola di recitazione del Teatro di Napoli-Teatro Nazionale
diretta da Renato Carpentieri
diplomati i 20 allievi-attori del triennio 2018/2021
Si intitola TRITTICO DELLE MALIZIE dal Decameron di Boccaccio
il saggio-spettacolo conclusivo del triennio 2018/2021
in scena il 20, 21 e 22 settembre al Teatro Mercadante
con la regia di Claudio di Palma
Si chiude con il saggio tratto dal Decameron di Giovanni Boccaccio intitolato Trittico delle Malizie, il triennio 2018/2021 degli allievi della Scuala del Teatro di Napoli diretta da Renato Carpentieri, coordinata da Claudio Di Palma.
Un Tritticodellemalizie che si compone dell’adattamento del Canto per Lisetta, dalla giornata IV della novella V, firmato da SharonAmato;dell’adattamento di Andreucciolufurese, dalla giornata II della novella V, di Antonio Piccolo; dell’adattamento Prima che tramonti, dalla giornata III della novella VI e giornata VII della novella II, firmato da AntonioMarfella.La regia è di ClaudioDiPalma; le scene sono degli allievi del Biennio Teatro dell’Accademia di Belle Arti di Napoli coordinati da LuigiFerrigno e SaraPalmieri; i costumi sono di GiuseppeAvallone; le musiche del M°AntonioSinagra; imovimenticoreografici di RossellaFusco.
I tre dittici che compongono il saggio sono interpretati dagli allievi Pasquale Aprile, Francesca Cercola, Chiara Cucca, Miriam Della Corte, Matteo De Luca, Valentina Di Leva, Manuel Di Martino, Enrico Disegni, Antonio Elia, Giulia Ercolini, Eleonora Fardella, Angelica Greco, Valentina Martiniello, Simone Miglietta, Gianluigi Montagnaro, Gianni Nardone, Giulia Piscitelli, Federico Siano, Salvatore Testa, Antonio Turco, e andranno in scena al Teatro Mercadante con i seguenti titoli e il seguente calendario: lunedì 20 settembre ore 21.00 in scena il dittico ‘E malammore e mercantaggio di Sharon Amato e Antonio Piccolo; martedì 21 settembre ore 21.00 in scena il dittico ‘E mercantaggio e d’indolenza di Antonio Piccolo e Antonio Marfella; mercoledì 22 settembre ore 21.00 in scena il dittico ‘E malammore e d’indolenza di Sharon Amato e Antonio Marfella. La durata di ognuno dei tre dittici è di 1h e 40’ incluso un intervallo di 5 minuti.
A proposito del Trittico delle malizie – che vede diplomarsi i 20 allievi del triennio 2018/2021– il regista Claudio Di Palma scrive: «Malammore, mercantaggio ed indolenza. Queste le dominanti restituite dalle drammaturgie di Sharon Amato, Antonio Piccolo e Antonio Marfella. Una descrizione caleidoscopica (frammentata, ricomponibile ed organica) di possibili geografie del male e della inclinazione a immaginarlo e farne. È così che Canto per Lisetta si racconta con la crudezza di una favola nera senza tempo e che Andreuccio lo furese proponga tipi da Opera buffa che, imbottigliati nella claustrofobia di un vicolo vivianeo, si fanno furbi ed oscuri. È così, infine, che in Prima che tramonti si presentino “…a lo percipere nostro” (per dirlo alla Marfella) le tare (inerzia, leggerezza e melanconie comunque anestetizzate) di una microsocietà napoletana paraborghese anni ’60».
Il nuovo triennio della Scuola, il 2021/2023, inizierà i suoi corsi il prossimo mese di ottobre a fine delle “selezioni” in corso al Teatro Mercadante.
Teatro Mercadante: 20, 21 e 22 settembre ore 21.00
Saggio conclusivo del triennio 2018/2021 della Scuola del Teatro di Napoli
TRITTICO DELLE MALIZIE
dal Decameron di Giovanni Boccaccio
adattamenti
Canto per Lisetta (dalla giornata IV novella V)
di Sharon Amato
Andreuccio lu furese (dalla giornata II novella V)
di Antonio Piccolo
Prima che tramonti (dalla giornata III novella VI e giornata VII novella II)
di Antonio Marfella
regia Claudio Di Palma
aiuto regia Paolo Cresta
scene a cura degli allievi del Biennio Teatro dell’Accademia di Belle Arti di Napoli:
Denise Capuano, Luca Cristiano, Laura Gaudenzi, Teresa Gravina, Emmanuele Esposito, Roberta Martucciello
coordinati da Luigi Ferrigno e Sara Palmieri
costumi Giuseppe Avallone
musiche Antonio Sinagra
movimenti coreografici Rossella Fusco
assistente ai costumi Mariacarmen Falanga
direttore di scena Nicola Grimaudo
datore luci Fulvio Mascolo
sarta Roberta Mattera
fonico Daniele Piscicelli
con gli allievi
Pasquale Aprile, Francesca Cercola, Chiara Cucca, Matteo De Luca, Valentina Di Leva, Manuel Di Martino, Enrico Disegni, Antonio Elia, Giulia Ercolini, Eleonora Fardella, Angelica Greco, Valentina Martiniello, Simone Miglietta, Gianluigi Montagnaro, Gianni Nardone, Giulia Piscitelli, Federico Siano, Salvatore Testa, Antonio Turco.
calendario
20 settembre ore 21.00
Dittico ‘e malammore e mercantaggio
di Sharon Amato e Antonio Piccolo
durata 1h e 40’ incluso intervallo
21 settembre ore 21.00
Dittico ‘e mercantaggio e d’indolenza
di Antonio Piccolo e Antonio Marfella
durata 1h e 40’ incluso intervallo
22 settembre ore 21.00
Dittico ‘e malammore e d’indolenza
di Sharon Amato e Antonio Marfella
durata 1h e 40’ incluso intervallo
Ingressi consentiti fino a esaurimento posti e secondo le disposizioni sanitarie anti-covid.
Per confermare la partecipazione alle rappresentazioni è necessario inviare e-mail a: cerimoniale@teatrodinapoli.it, due giorni prima delle date prescelte.
Note di regia
Boccaccio?
Dalla Epistola napoletana di Giovanni Boccaccio 1339-1340
Benmi le perzone potterà dicere, tune cha ’ncia cheffare a chesso?
(trad. Le persone potranno ben chiedere, cosa hai a che fare tu con questo?)
E la domanda diventa: “Cosa ha a che fare Boccaccio con la Scuola del Teatro di Napoli”? Potremmo rispondere: “tanto”. Questa misura si deve all’illuminazione lungimirante che motivò Luca De Filippo a promuovere un processo formativo per i giovani fondato in particolare sullo studio e l’applicazione dell’arte scenica nel teatro di prosa napoletano. Ecco, quando diciamo prosa in napoletano non è possibile ignorare quel momento, accidentale e giocoso, in cui Boccaccio, scegliendo la forma epistolare, intese elaborare per la prima volta un azzardo (soprattutto ortografico) letterario in lingua napoletana. La composizione in prosa napoletana nasce allora e il debito d’ispirazione per quell’esperimento, vista la destinazione auspicata da De Filippo per la scuola, meritava testimonianza.
Decameron?
Epidemia, giovani in clausura forzata ed il loro artificio creativo per ripensare la vita; questi i presupposti del Decameron. Immediato l’accostamento con il transito storico dei nostri giorni, ma la focale del lavoro della Scuola è stata diversa. Nell’affidare alla riscrittura di tre autori contemporanei le novelle ambientate da Boccaccio proprio a Napoli, si è inteso rielaborare quell’ intarsio drammaturgico che nelle storie originali già faceva corrispondere alla naturalità disinvolta degli atti d’amore e delle divertite sconvenienze, il chiaroscuro degli umori partenopei. È a Napoli, infatti per Boccaccio, che muore d‘ amore una donna cui i fratelli hanno ucciso l’amante, è a Napoli che uno straniero sarà oggetto delle beffe del popolo fino ad esplorare le sembianze della morte, è a Napoli che le licenziosità e i tradimenti rimandano ad ulteriori perversioni.
Trittico delle malizie!
“Malammore”, “mercantaggio” e “indolenza”. Queste le dominanti restituite dalle drammaturgie di Sharon Amato, Antonio Piccolo ed Antonio Marfella. Una descrizione caleidoscopica (frammentata, ricomponibile ed organica) di possibili geografie del male e della inclinazione a immaginarlo e farne. È così che Canto per Lisetta si racconta con la crudezza di una favola nera senza tempo e che Andreuccio lo furese proponga tipi da Opera buffa che, imbottigliati nella claustrofobia di un vicolo vivianeo, si fanno furbi ed oscuri. È così, infine, che in Prima che tramonti si presentino “…a lo percipere nostro” (per dirlo alla Marfella) le tare (inerzia, leggerezza e melanconie comunque anestetizzate) di una microsocietà napoletana paraborghese anni ’60.
I segni e la scena!
Questo il territorio di ricerca espressiva offerto agli allievi della Scuola. Un luogo dell’azione che, con gli studenti dell’Accademia di Belle Arti, si è deciso di rinchiudere in un reticolato “vigilato” da un grande pendolo a misurazione dell’immobilità di un tempo sospeso. Boccaccio riletto e liberamente ridetto, ma rievocato nel segno simbolico dello spazio scenico. La città malata è fuori?
Claudio Di Palma