Tre divieti temporanei di esercitare attività imprenditoriali per la durata di quattro mesi e il sequestro di liquidità finanziarie per oltre 3 milioni di euro nei confronti di 7 strutture private convenzionate, sono stati eseguiti dalla guardia di finanza di Messina nell’ambito di una indagine su una presunta truffa in danno del Servizio sanitario nazionale. Nell’inchiesta ci sono 25 indagati, a vario titolo, tra funzionari pubblici dell’Azienda sanitaria provinciale di Messina e responsabili apicali e dipendenti di strutture private convenzionate, titolari delle più conosciute ed importanti case di cura operanti nella città dello Stretto.
Le ipotesi di reato contestate vanno dalla truffa alla corruzione, al falso e agli accessi abusivi al sistema informatico. La complessa attività d’indagine, ruota intorno all’acronimo Drg (Diagnosis Related Group): un dettagliato sistema che consente di classificare ogni singolo caso clinico in una determinata casella (il ministero della Sanità ha previsto oltre 500 casistiche), variabile in relazione alla diagnosi, agli interventi subiti, alle cure prescritte ovvero alle caratteristiche personali del singolo paziente ricoverato in una struttura accreditata. Proprio sulla base del Drg attribuito, quindi, in funzione delle risultanze della scheda di dimissione ospedaliera (in sigla Sdo), parte integrante della cartella clinica, ogni singola Regione prevede la tariffa da rimborsare alla casa di cura privata convenzionata, gravante sul Servizio sanitario nazionale, così risultando centrale la relativa attività di verifica, per norma attribuita ad un nucleo operativo di controllo interno all’Asp competente per territorio. All’esito delle indagini secondo le fiamme gialle è emerso un “articolato e collaudato meccanismo fraudolento, finalizzato a far lievitare artificiosamente l’entità dei rimborsi corrisposti dal sistema sanitario”, indicando nella scheda di dimissione ospedaliera un Drg difforme rispetto alle reali attività come risultanti dalle cartelle cliniche, così realizzando una conseguente truffa ai danni del servizio sanitario pubblico per oltre complessivi 3 milioni di euro, oggi sottoposti a sequestro.