Un passato burrascoso e circa dodici anni di detenzione. Poi l’improvviso arricchimento e gli investimenti nel campo dell’edilizia che – in poco più di dieci anni – lo avevano portato a diventare il più famoso imprenditore edile di Molfetta e dintorni. A partire dalle prime luci di questa mattina i carabinieri del nucleo Investigativo del comando provinciale di Bari, coordinati dalla Dda della Procura della Repubblica di Bari e coadiuvati da quelli della compagnia di Molfetta, hanno eseguito il decreto emanato dall’ufficio misure di prevenzione del tribunale di Bari, con il quale è stato disposto il sequestro preventivo nei confronti di Giuseppe Manganelli , 52enne, noto imprenditore edile di Molfetta. Il valore del patrimonio sottratto alla disponibilità dell’interessato è pari a circa cinquanta milioni di euro. Un capitale fatto di immobili, compendi aziendali, conti correnti, veicoli e beni di lusso, compresa un’imbarcazione da diporto. La fortuna di Manganelli, come puntualmente ricostruito dal provvedimento firmato da Giulia Romanazzi, presidente della sezione specializzata in misure di prevenzione del tribunale di Bari, deriva da una fruttuosa carriera criminale, durante la quale, lo stesso è riuscito ad accumulare e a occultare cospicue somme di danaro, con tutta probabilità provento delle attività di narcotraffico ed estorsive cui lo stesso era dedito durante gli anni ’90. Alla remuneratività dei reati si è poi aggiunta una lungimirante strategia di investimento.
A partire dal 2011, infatti, il 52enne aveva iniziato a costituire, anche grazie alla fittizia interposizione di alcuni prestanome, le prime società che – accumulando reddito – hanno dato a Manganelli la possibilità, nel corso degli anni, di giustificare la creazione di nuovi e più ambiziosi progetti imprenditoriali. Da qui la nascita di plurime società e la diversificazione degli investimenti, con una operatività non più limitata al solo campo dell’edilizia, ma estesa anche al settore della distribuzione di carburanti. Questo intricato percorso di costituzioni ed acquisizioni societarie è stato passato al setaccio dalla sezione specializzata in misure di prevenzione del comando provinciale di Bari, che – operando su delega della Direzione distrettuale antimafia della procura di Bari – attraverso laboriose e complesse analisi investigative, è riuscita a districare ed a smascherare lo schema “a scatole cinesi” messo in atto dall’imprenditore per occultare l’illecita provenienza della sua ricchezza finanziaria. L’indagine ha analizzato l’attività finanziaria che, per oltre un ventennio, il proposto, i suoi stretti familiari e le persone giuridiche nel frattempo costituite hanno abilmente intessuto. Ricostruendo gli intrecci finanziari, le acquisizioni di rami d’azienda ed il ricorso alla figura di prestanome, i militari sono riusciti a mettere in luce non solo la elevata pericolosità sociale del proposto, ma soprattutto l’illecita provenienza dei capitali sui quali il 52enne pregiudicato, e già sorvegliato speciale, aveva fondato il suo “impero finanziario ed imprenditoriale”.