Mimmo Lucano e i motivi della forte condanna

La condanna inflitta all’ex sindaco di Riace (Rc) Mimmo Lucano a 13 anni e 2 mesi, a fronte dei 7 anni e 11 mesi chiesti dalla procura di Locri, deriva dal riconoscimento della sua colpevolezza per 10 capi d’accusa (per 5 il Tribunale lo ha assolto e per uno è scattata la prescrizione). Tanti i reati. Nell’ambito del processo “Xenia”, innanzitutto, Lucano non è stato condannato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina (i pm avevano ritirato l’accusa relativa ai matrimoni di comodo per favorire la permanenza illecita di donne straniere in Italia), e soprattutto l’ex sindaco è stato assolto dall’accusa più grave, concussione, per non aver commesso il fatto.

Il Procuratore di Locri Luigi D’Alessio, giunto alla soglia della pensione, si offre  da scudo alle critiche verso i suoi giovani sostituti che hanno chiesto e ottenuto la pesante condanna per Mimmo Lucano. “Non vi lasciate impressionare. Io sono il vostro ombrello: la pioggia me la prendo tutta io. Processi così ne capitano un paio in tutta la carriera”, racconta di averli rassicurati.

“Lucano – dice D’Alessio- ha una mirabile idea di accoglienza, riservata però ai pochi eletti che avevano occupato le case. Manteneva sempre gli stessi mentre la legge prevede alternanza. E gli altri li mandava nell’inferno della baraccopoli di Rosarno. Noi non abbiamo affatto processato l’accoglienza che anzi ammiriamo. Ma la modalità di sua gestione in violazione della legge. Non avremmo dovuto farlo perchè Lucano è al di sopra della legge? O perchè chiunque può commettere reato purchè a fin di bene?”.

“Riace – dice il Procuratore di Locri- è un Comune dissestato. Lucano non è stato certo Messina Denaro ma ha inteso male il suo ruolo di Sindaco dicendo ‘io me ne infischio della legge’. Io mi rendo conto che 13 anni sono parecchi. E mi auguro che in appello saranno ridotti. Ma la matematica non è un’opinione. Le pene sono il risultato di una somma di reati, non si definiscono a peso”. “Lucano – dice ancora D’Alessio- è uno degli uomini più potenti che io abbia mai visto ma io non sono uno che si spaventa. Da magistrato democratico mi sono reso conto di lottare contro un potente, anzi un potentissimo suo malgrado. Solo Biancaneve e Alice nel Paese delle meraviglie non se ne sarebbero accorte”.

“A Lucano sono stati contestati più di 22 reati. Il problema non sono i finti matrimoni. Qui ci sono varie forme di peculato, truffa aggravata a danno dell’Unione europea. E poi è stata riconosciuta l’associazione a delinquere con altre 4 persone. È un processo molto tecnico ma l’opinione pubblica non vuole capire. Quei 13 anni vengono percepiti come assurdi e sproporzionati ma non c’è volontà di conoscere le carte. Avevo fatto anche una “requisitoria-b”, in cui arrivavo a un conteggio finale di 15 anni, ma preferivo fosse il tribunale a pronunciarsi. Prudenzialmente mi sono tenuto basso. La pena ora sembra molto alta ma se si leggono il capo d’imputazione e i reati contestati, si scopre che non lo è”. Lo dice a Repubblica il procuratore di Locri Michele Permunian, pubblico accusatore di Mimmo Lucano ed in procinto di lasciare la Calabria per ritornare nel suo Nord Est. “Il mio periodo in Calabria – racconta- è finito. Avrei voluto fermarmi di più ma devo andarmene per motivi personali. Risalirò in Veneto, o in Friuli. Attendo notizie dal Csm”.

“I reati – batte e ribatte il pm che ha fatto condannare Lucano – ci sono stati e gravi ma umanamente sono dispiaciuto. Vivo un conflitto interiore come persona e come magistrato: sono stato in Africa, so che aiutare i migranti è un dovere. Ma mi ferisce chi giudica senza leggere le carte. Umanamente, mi dispiace molto. Durante gli anni dell’università collaboravo con una comunità missionaria in Mozambico. Sono stato in Africa due volte, ho toccato con mano la miseria e i flussi di migranti. L’accoglienza è un dovere, nessuno vuole criminalizzarla”.

Mimmo Lucano è stato  condannato per associazione a delinquere, truffa aggravata allo Stato, falso ideologico in atto pubblico e soprattutto peculato. Per quanto attiene all’associazione a delinquere, Lucano, secondo quanto si evince dal dispositivo della sentenza del Tribunale di Locri, ha commesso una serie di delitti contro la Pubblica amministrazione, il patrimonio e la fede pubblica al fine di soddisfare illeciti interessi patrimoniali delle cooperative e delle varie associazioni che lo stesso Lucano o persone a lui vicino controllavano e che svolgevano la funzione di gestori dei vari progetti per immigrati.

Nello specifico, la colpevolezza di Lucano per quanto riguarda questo capo d’accusa lascia emergere rendicontazioni indebite sul numero degli immigrati presenti nelle strutture, sugli alimenti che sulla carta erano destinati ai migranti ma in realtà venivano utilizzati per fini privati, fatture false, prelievo di denaro dai conti correnti senza pezze giustificative e anche destinazione indebita dei fondi ottenuti per scopi diversi rispetto all’accoglienza.

L’altro capo d’accusa che pesa sulla condanna è la truffa aggravata allo Stato allo scopo di ottenere il versamento indebito di 2,3 milioni di euro nelle case delle medesime associazioni (originariamente, in questo caso, si contestava a Lucano l’abuso d’ufficio, ma i giudici hanno riqualificato il reato aggravando la posizione dell’ex sindaco). Sempre in tema di truffa allo Stato, c’è poi il riconoscimento della colpevolezza per quanto riguarda 281mila euro per fatture false, costi non verificati, acquisti vari in realtà mai avvenuti (materiale di cancelleria, mobili, ecc).

Lucano, quindi, è accusato anche di falso ideologico in atto pubblico. In questo caso si tratta di 56 determine redatte per ottenere il rimborso per la gestione del Cas e dello Sprar. A contribuire, poi, alla condanna a 13 anni e 2 mesi c’è anche l’accusa, riconosciuta dai giudici, di peculato per 16 fatti contestati. Secondo quanto stabilito dal Tribunale, dunque, Lucano si sarebbe appropriato sistematicamente di fondi ottenuti dallo Stato, 2,4 milioni di euro, che sono stati distratti rispetto alla finalità reale, quella dell’accoglienza dei rifugiati, e indirizzati alla ristrutturazione e l’arredo di alcune case e un frantoio senza che ci fosse una rendicontazione.

A ciò va aggiunto il prelievo di circa 500mila euro utilizzati da Lucano sia per un viaggio in Argentina che per alcuni concerti a Riace che poi avrebbe dichiarato non essersi svolti per non pagare la Siae. Lucano, inoltre, oltre ad essere stato condannato per aver rilasciato alla compagna un falso certificato che attestava il suo stato civile nubile e non di coniugata, ha incassato la condanna anche per aver affidato il servizio di raccolta e trasporto rifiuti a due cooperative che mancavano dei requisiti di legge.

Ma i 13 anni e 2 mesi di reclusione sono stati inflitti anche perché, mentre i pm ritenevano che i reati contestati a Lucano fossero esecutivi di un medesimo disegno criminoso, il Tribunale di Locri ha stabilito che i disegni criminosi fossero in realtà due.

Nel primo caso, il codice prevede che si aumenti del triplo la pena base, vale a dire quella infitta per il reato più grave, in questo caso il peculato (che prevede una pena dai 4 ai 10 anni); ma la scelta dei giudici di “separare” i disegni criminosi ha comportato il raddoppio delle pene base, giungendo a una condanna di 10 anni e 4 mesi, a cui si aggiungono 2 anni e 10 mesi per alcuni abusi d’ufficio e un falso per aver rilasciato un certificato a una straniera che non aveva diritto in quanto non residente a Riace.

Va infine evidenziato che a Lucano e ai coimputati non sono state riconosciute le attenuanti generiche nei reati commessi.

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