Matteo Renzi e il caso-Di Donna in Parlamento

Il caso Di Donna potrebbe finire in Parlamento. Italia viva, infatti, ha chiesto alle Camere di indagare sugli affari legati all’avvocato Luca Di Donna, ex collega e amico di Giuseppe Conte.  Di Donna, al momento, è indagato dalla Procura di Roma per associazione a delinquere finalizzata al traffico di influenze illecite. Come mai il suo nome viene spesso accostato a quello dell’ex premier? Perché si tratta di un suo ex collega dai tempi della collaborazione nello studio di Guido Alpa.

Secondo l’accusa, come riporta il Giornale, Di Donna avrebbe sfruttato “relazioni con soggetti incardinati ai vertici di istituzioni pubbliche e strutture appaltanti” per ottenere compensi da parte di aziende private su forniture alla struttura dell’ex commissario Domenico Arcuri. Anche se quest’ultimo ha sempre negato: “Mai assegnato appalti e forniture ad imprese rispetto alle quali risultava in alcun modo un interesse dell’avvocato Di Donna”.

Conte, invece, ha detto di non aver avuto più alcun rapporto con l’ex collega ora indagato dopo l’arrivo a Palazzo Chigi: “In passato lo frequentavo, ma da quando sono diventato presidente del Consiglio non l’ho frequentato più. Non so nulla della sua successiva attività professionale”. Nel frattempo, però, Di Donna era diventato consulente della commissione Antimafia proprio sugli appalti Covid. Alla notizia dell’inchiesta, l’incarico gli è stato revocato. A volerci vedere chiaro, adesso, è Italia Viva, che ha chiesto una commissione parlamentare d’inchiesta sugli appalti. Secondo l’Osservatorio di Openpolis, il valore di quelli indetti da Stato e regioni in tutto il 2020 è di oltre 13 miliardi di euro.

«Di Donna qui in avvocatura? Veniva sempre con Alpa e Conte. È stato portato da loro». A dirlo, in colloquio ieri con il Riformista, è l’avvocato Salvatore Sica, vice presidente della Scuola superiore dell’avvocatura italiana. Interpellato dal quotidiano di Piero Sansonetti sui rapporti fra Di Donna, Alpa e Conte, Sica ha affermato che i tre erano una cordata, anzi, “un sodalizio”. «Di Donna – ha aggiunto Sica – era sempre al seguito di Conte e di Alpa». Un rapporto, dunque, consolidato e che non si sarebbe fermato alla sola condivisione dello studio professionale in piazza Cairoli a Roma, come dichiarato dall’ex premier Giuseppe Conte.

Ma che Di Donna fosse ben introdotto nei vertici dell’avvocatura, nonostante la sua giovane età, risulta anche dal fatto che lo scorso gennaio venne nominato presidente della Commissione d’esame per l’abilitazione forense nel distretto della Corte d’Appello di Roma. Il decreto di nomina porta la data del 21 gennaio. Si tratta di uno degli ultimi atti del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, grillino e, soprattutto, grande sponsor di Conte. Il governo Conte due terminerà la sua esperienza cinque giorni più tardi, dopo settimane di fortissime tensioni. Matteo Renzi aveva, infatti, deciso di togliere la fiducia all’esecutivo guidato dall’avvocato del popolo. Ci furono, allora, tentativi frenetici di dar vita un Conte ter con l’aiuto dei cosiddetti “responsabili”. E anche in quella occasione Di Donna giocò la sua partita, contattando diversi esponenti politici, ad esempio Antonio Saccone o Lorenzo Cesa, parlamentari dell’Udc. Il nome di Alpa, ex presidente del Consiglio nazionale forense e ordinario di diritto civile all’università La Sapienza di Roma, mentore di Di Donna e Conte, era stato fatto nei mesi dall’avvocato Piero Amara. In una testimonianza ai pubblici ministeri di Milano, Amara aveva dichiarato che l’ex vice presidente del Consiglio superiore della magistratura, Michele Vietti, gli chiese «di far guadagnare denaro ad avvocati e professionisti a lui vicini». Grazie ai buoni auspici di Amara, Conte ed Alpa ottennero incarichi dalla società Acqua Marcia spa di Roma. «L’importo che fu corrisposto da Acqua Marcia ad Alpa e Conte- precisò Amara – era di 400mila euro a Conte e di un milione dieuro ad Alpa».

Giovanni Buini, titolare di una società produttrice di dispositivi di protezione, ha raccontato ai pm romani che Di Donna e l’avvocato Gianluca Esposito gli avevano chiesto di riconoscergli una provvigione per essere meglio introdotto con la struttura commissariale di Domenico Arcuri. Buini non aveva accolto l’invito ed aveva denunciato tutto ai carabinieri di Roma. All’incontro, come riportato ieri da Libero, era presente anche il generale della guardia di finanza Enrico Tedeschi, in servizio presso i Servizi segreti. Su questa vicenda, che sta agitando il mondo politico da giorni, ieri è tornato all’attacco anche l’ex premier e leader di Italia Viva Matteo Renzi, chiedendo l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta. 

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