Il ddl Zan bocciato al Senato resta appeso a un filo molto, molto, sottile…

La discussione sul Ddl Zan è uscita dalle aule parlamentari e spopola sui social anche grazie all’impegno attivo di chi ha deciso di prendere una posizione alimentando la discussione.

Il Ddl Zan prende come di consueto il nome dal suo relatore, Alessandro Zan, deputato ed esponente della comunità LGBT. Il nome tecnico del Disegno di legge è “Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità“. Sostanzialmente l’idea è quella di inasprire pene e sanzioni per i casi di violenza e discriminazione per motivi di genere, sesso, disabilità e orientamento sessuale. L’inasprimento delle pene e un nuovo quadro normativo servirebbero – nelle intenzioni – a tutelare maggiormente queste persone.

Con il Ddl Zan si chiedeva l’istituzione di nuovi reati e di una giornata nazionale contro le discriminazioni. La data indicata era quella del 17 maggio. Non solo. Si chiedeva anche che venissero stanziati quattro milioni di euro destinati alla promozione di iniziative contro la violenza e la discriminazione.

In linea di massima, le pene richieste per atti di violenza o discriminazione contro le categorie citate sono le seguenti:

per atti di discriminazione (o istigazione) la pena prevedeva la reclusione fino a 1 anno e sei mesi o una multa fino a 6.000 euro;

per chi partecipava o favoriva organizzazioni che hanno tra gli scopi l’incitamento alla violenza o alla discriminazione la pena è fino a quattro anni di reclusione.

I casi di cronaca confermano che le aggressioni ad esempio nei confronti di coppie omosessuali non sono purtroppo una cosa rara. E qui si apre il dibattito: chi sostiene il Ddl Zan ritiene che ci sia bisogno di un intervento normativo. Chi lo contesta sostiene che il sistema costituzionale e normativo dell’Italia già condanna la violenza. Una stretta sulle regole sarebbe inappropriata. In effetti il Ddl Zan interviene su articoli del Codice penale già esistenti e ne chiede la modifica.

Durante l’analisi del testo al Senato, nel giugno 2021 il Vaticano ha chiesto al governo italiano di modificare il testo in quanto conterrebbe violazioni del Concordato.

Il Ddl Zan si ferma al Senato e apre una frattura difficile da risanare all’interno della maggioranza di governo. Al termine della discussione generale sul testo, l’Aula di Palazzo Madama ha approvato la cosiddetta tagliola, ossia la richiesta di non passaggio agli articoli avanzata da Lega e FdI.

Vediamo cosa è successo in Senato e cosa succede al Ddl Zan.

Il colpo di scena del 27 ottobre è la richiesta di non passaggio agli articoli e la richiesta di votare con voto segreto. La seconda richiesta è stata al centro di un acceso dibattito. La Presidente del Senato Casellati ha definito ammissibile la richiesta e ha dato il via libera al voto segreto sulla tagliola. E a quel punto Pd e Movimento 5 Stelle hanno iniziato ad intuire concretamente i rischi.

Il voto segreto ha affossato il ddl Zan cancellandolo dall’agenda di Palazzo Madama per i prossimi sei mesi, almeno. L’aula del Senato ha approvato la taglio con 154 voti a favore, 131 contrari e 2 astenuti. Completano il quadro i 28 assenti.

A mettere a repentaglio la tenuta del governo è la caccia ai tiratori franchi che hanno deciso le sorti della votazione. Prima del voto Pd e M5s nutrivano la speranza di superare la trappola del voto tagliola messa sull’iter parlamentare del ddl Zan. E invece il voto segreto, come spesso accade, ha riservato sorprese sgradite. Secondo le indiscrezioni, sarebbero almeno 16 (forse anche due o tre in più) i senatori che hanno votato a favore della tagliola e che invece avrebbero dovuto votare conto. E i responsabili si cercano tra i banchi di Italia Viva e del Gruppo Misto. Ovviamente sono solo supposizioni essendosi trattato di un voto segreto.

Lo stop al Ddl Zan ha portato alla ribalta la pratica della ‘tagliola’ politica, una procedura contemplata dall’articolo 96 del Regolamento del Senato. Ma di cosa si tratta esattamente?

L’articolo numero 96 del Regolamento del Senato prevede che “prima che abbia inizio l’esame degli articoli di un disegno di legge, un Senatore per ciascun Gruppo può avanzare la proposta che non si passi a tale esame. La votazione della proposta ha la precedenza su quella degli ordini del giorno“.

In altre parole si richiede che non si proceda all’esame degli articoli di un disegno di legge. In questo modo si interrompe l’iter parlamentare del disegno di legge. Così come successo con il Ddl Zan, che esce dall’agenda dei lavori del Parlamento almeno per sei mesi.

In occasione del voto sul ddl Zan a scatenare le polemiche non è stata tanto la richiesta di voto sulla cosiddetta tagliola, che come abbiamo visto non è una trappola ma una procedura prevista dal regolamento, quanto il fatto che la Presidente del Senato Casellati abbia ritenuto ammissibile la richiesta di procedere con votazione segreta. Questo ha permesso ai tiratori franchi di uscire allo scoperto.

La tagliola non cancella il Disegno di legge ma interrompe l’iter parlamentare del provvedimento che comunque può essere nuovamente calendarizzato. Nonostante la tagliola, quindi, potenzialmente il provvedimento può essere ripreso in analisi, calendarizzato e nuovamente discusso. L’iter, nonostante l’evidente rallentamento, potrebbe comunque concludersi con l’approvazione.

Per quanto riguarda il Ddl Zan, il problema principale è legato ai tempi. Se il disegno di legge non dovesse essere approvato in via definitiva da Camera e Senato entro il mese di marzo del 2023 con ogni probabilità sarebbe accantonato e non arriverebbe mai all’approvazione.

Il testo torna in Commissione ma difficilmente tornerà in agenda prima di sei mesi. Questo significa che nel corso di questa legislatura potrebbero non esserci passi in avanti sul ddl. Se anche il Senato non dovesse fare i conti con temi più urgenti, i partiti, dando per scontato che il governo arrivi a fine legislatura, saranno a quel punto alle prese con la campagna elettorale.

C’è anche da mettere in conto che Letta e Renzi giocavano sul ddl contro l’omotransfobia una sorta di derby di ritorno dopo quello perso dall’attuale segretario dem al tempo dell’ormai famoso «Enrico stai sereno». Il leader di Iv non si è listato  certo a lutto se il testo Zan è stato bloccato, difeso fino alla cocciutaggine da Letta, finito impallinato in uno dei voti segreti previsti. Per questo Iv  offriva il testo Scalfarotto, anch’egli di Iv. Giusto per vincere lui in ogni caso. Il pomo della discordia tra “pro” e “contro” sono gli articoli, 1,4 e 7. Il Pd li ha difesi come mediazione insuperabile ma si è accorto che non aveva i voti per approvarli.

“Cala il sipario sul ddl Zan, una pessima proposta di legge. Che Fratelli d’Italia ha contrastato con coerenza. E nel merito fin dall’inizio”. Giorgia Meloni affida a Facebook la sua soddisfazione per il de profundis della legge contro l’omo-transfobia.

“Non abbiamo mai cambiato idea e lo abbiamo dimostrato oggi in Senato”, scrive la leader di Fratelli d’Italia. “Siamo stati l’unico gruppo interamente presente e unito nel voto. È una vittoria che non appartiene solo a noi. Ma anche a tutte le realtà, le associazioni, le famiglie e i cittadini. Che in questi mesi si sono battuti ad ogni livello per denunciare follie. Contraddizioni e aspetti negativi di una follia firmata Pd-Cinquestelle. Di cui l’Italia non aveva alcun bisogno”. La Meloni respinge al mittente il coro di accuse che sale dalla sinistra. Che mastica molto amaro.  “Patetiche le accuse di Letta, Conte e della sinistra. I primi ad aver affossato la legge sono i suoi stessi firmatari. Zan in testa. Che in questa proposta hanno scritto e difeso fino alla fine principi surreali. Dal self-id al gender nelle scuole. Che nulla avevano a che fare con la lotta alle discriminazioni”.

‘In Parlamento in fatto di diritti c’è una nuova maggioranza. Non di sinistra’. Parola di Ignazio la Russa. Che punta i riflettori sugli errori del partito di Letta e la vittoria del pensiero libero. “I Pd ha fatto male i calcoli. Siamo noi che  abbiamo tutelato i diritti”, dice il senatore di Fratelli d’Italia. Che insieme al leghista Calderoli ha presentato la richiesta di votazione a scrutinio segreto. Difendendo quanti erano sotto ricatto dei vertici del partito. E temevano di venire puniti. O penalizzati se avessero votato in modo difforme dalle indicazioni del gruppo di appartenenza.

“Stiamo parlando di una ventina di senatori che si sono espressi liberamente e non sono pochi. Il voto segreto serve proprio a questo. Impedire che i gruppi discrimino chi non è d’accordo. Noi come votavamo lo abbiamo detto alla luce del sole, Idea-Cambiamo si è dissociata dal gruppo Misto che raccoglie, è bene non dimenticarlo, anche diversi ex 5Stelle. Il Pd non ha fatto bene i propri calcoli. Dimenticandosi forse che tra le loro fila ci sono anche diversi senatori cattolici”, conclude La Russa. Ipotizzando dove possano annidarsi i 20-22 franchi tiratori della maggioranza che hanno affossato il ddl.

Matteo Salvini non fa sconti ai suoi partner di governo. “È stata sconfitta l’arroganza del Pd e dei 5Stelle”, dice, Scatenando la rabbia e il nervosismo degli interessati. “Hanno detto di no a tutte le proposte di mediazione. Comprese quelle formulate dal Santo Padre. Ora ripartiamo dalle nostre proposte. Combattere le discriminazioni. Lasciando fuori i bambini, la libertà di educazione. La teoria gender. E i reati di opinione”,

Il ddl Zan continua a restare appeso a un filo molto sottile…

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