Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, l’articolo ricevuta da Tartaglia Arte:
LA PITTURA INFLUENZÒ PROFONDAMENTE LA PITTURA DI PIER PAOLO PASOLINI, CHE DIPINGEVA A SUA VOLTA. LA MOSTRA ALLA FONDAZIONE MAGNANI-ROCCA APPROFONDISCE QUESTO LEGAME
Michelangelo Merisi detto Caravaggio, Giovane con canestra di frutta, 1593 94, olio su tela. Roma, Galleria Borghese
La Fondazione Magnani-Rocca dedica una mostra-focus a Pier Paolo Pasolini (Bologna, 1922 ‒ Ostia, 1975) a pochi mesi dal centenario della nascita del poeta-regista. L’esposizione raccoglie costumi di scena in prestito dallo CSAC di Parma, le locandine originali dei film, rare fotografie d’epoca e le immagini delle opere d’arte che Pasolini prese come riferimento per ricostruirne le scene sul set. La mostra alla Villa dei Capolavori evoca i modelli pittorici alla base del linguaggio cinematografico di Pasolini, che costruiva le inquadrature come scene dipinte. Prediligeva la messa in posa, il campo fisso, i lunghi primi piani, mezzi funzionali a tradurre il messaggio in una narrazione di impronta “astorica”.
Pontormo, Deposizione, 1526 1528, tempera su tavola. Firenze, Chiesa di Santa Felicita
PASOLINI E LA PITTURA
Locandina del film di Pier Paolo Pasolini ‘Medea’, 1969. Protagonista Maria Callas
Furono lezioni di Roberto Longhi all’Università di Bologna a rafforzare il rapporto di Pier Paolo Pasolini, allora ventenne, con l’arte pittorica. Lo ricorda Stefano Roffi in un saggio pubblicato nel catalogo della mostra, descrivendo la figura di Longhi come fondamentale nella formazione pasoliniana, lui che “si muoveva come un attore, parlava come uno storico dell’arte dalla cultura illimitata, (…) assumendo il ruolo che può avere un regista alle prese col messaggio che vuole trasmettere”. Dai suoi insegnamenti furono influenzati i primi due film Accattone e Mamma Roma, che richiamano la pittura di Masaccio, del Caravaggio e del Mantegna. Seguirono poi La Ricotta (da RoGoPaG), dove il regista portò in scena la Deposizione di Cristo di Rosso Fiorentino e la pala del Pontormo. Il Vangelo secondo Matteo e Teorema citano invece Piero della Francesca e Francis Bacon, mentre nel Decameron i riferimenti sono a Giotto e Velázquez. L’arte è presente in tutti i film dell’autore, fino all’ultimo scandaloso e crudo Salò o le 120 giornate di Sodoma, ed è presente nella vita stessa di Pasolini (pittore a sua volta) e, come scrive Roffi: “È realtà, è santità, estremo tableau vivant, la morte caravaggesca del poeta a Ostia”.
UN DIALOGO FRA LE ARTI
Per tutta la vita egli cercò un dialogo tra il cinema, la letteratura e le arti figurative. Come Luigi Magnani, “padre” della Fondazione, la sua era una ricerca delle loro “corrispondenze”. A descrivere con estrema efficacia l’opera di Pier Paolo Pasolini è Mauro Carrera nel saggio per il catalogo alla mostra: “Con l’ostinazione del pretendente e la passione dell’amante, seguì ciascuna delle muse, fedele a questo unico ed esclusivo corteggio, infedele a tutti gli altri. Qualunque sua creazione (…) possiede, irriducibili, la grazia e la violenza della poesia”.
By Anna Vittoria Zuliani – artribune.com