Non è facile capire cosa spinga Enrico Letta a perseguire con tanta tenacia l’obiettivo di rianimare in ogni modo il Movimento 5 stelle, fino all’altro ieri il principale avversario del Partito democratico e da domani, nella migliore delle ipotesi, suo principale concorrente. Letta insista a offrire ogni possibile sponda, nei Cinquestelle, proprio a Giuseppe Conte, persino quando è lui ad attaccare il governo, come fatto sulla riforma della giustizia, smentendo l’accordo sottoscritto dai suoi stessi ministri, cioè da Di Maio.
Per quanto Letta si prodighi, con l’idea di candidare Conte nel collegio lasciato da Roberto Gualtieri è bastato che Carlo Calenda annunciasse l’intenzione di candidarsi contro di lui, con l’appoggio di Matteo Renzi, perché Conte si precipitasse a ordinare la ritirata, con una tempistica immediata.
Il punto è che fino a ieri, a sinistra, l’argomento principale in favore dell’alleanza con i Cinquestelle era l’assenza di alternative. Ma se proprio nel collegio dove Calenda ha preso più voti e i cinquestelle di meno il Pd sceglie di allearsi con i populisti, evidentemente, è caduta ogni finzione: non è una scelta obbligata, non c’è nessuna causa di forza maggiore. È una scelta libera e consapevole, con un significato che va ben al di là delle rivalità personali e tra i liberal riformisti e i populisti grillini, quello che resta del centrosinistra sceglie i populisti, subendo anche la beffa del ritiro, visto che il populista si sfila.
Comunque è durato poco il sogno di gloria di Conte di conquistare un seggio in Parlamento. Lui stesso, ex premier per chiamata diretta, è costretto ad ammetterlo in conferenza stampa a Montecitorio dove, ostentando una forzata disinvoltura, dichiara: «Ho declinato la proposta a candidarmi alle suppletive per il seggio alla Camera lasciato libero da Roberto Gualtieri». E schermandosi dietro il paravento movimentista – che fin qui sembra rigettarlo come un corpo estraneo all’organismo grillino – rilancia spudoratamente: «Avremo un Movimento capace di agire come squadra. Nessuno andrà più in ordine sparso», dice mostrandosi convinto, il leader della sfrangiata compagine pentastellata.
«Ora c’è la possibilità di far compiere uno scatto al M5S. Puntando alle competenze dei suoi uomini e delle sue donne, per vincere le sfide che ci attendono. E difendere le conquiste già ottenute. Il 9 e il 10 dicembre gli iscritti sono chiamati a pronunciarsi sull’approvazione della nomina dei cinque vicepresidenti. E sull’elezione dei componenti dei comitati politici» ha detto Conte. etive: sfuma l’accordo con Letta e Gualtieri stipulato in campagna elettorale
Con il passo indietro dell’ex premier salta l’accordo con i dem. Che Conte ringrazia, pubblicamente. «Ringrazio il Pd e Letta per la disponibilità e la lealtà nella proposta», ribadisce ai microfoni con la stampa. Ma «dopo un nuovo supplemento di riflessione ho capito che in questa fase ho ancora molto da fare per il M5S. Non mi è possibile dedicarmi ad altro».
Del resto, fino a, quando l’accordo sembrava chiuso, l’eventuale elezione di Conte, sarebbe servita anche a gestire meglio, secondo Letta e compagni, la partita del presidente della Repubblica. Ma alla fine, i tentennamenti di Conte. E, soprattutto, le reazioni immediate di Renzi e Calenda, hanno stoppato il progetto e sparigliato le carte…