Una interrogazione a Franceschini firmata dai sen.ri Corrado, Angrisani, Granato e Lannutti, chiede se il Ministro e i suoi collaboratori più stretti, a proposito della normativa che regola l’esportazione dei beni culturali, non ritengano sia arrivato “il momento di cessare di denigrare pubblicamente quella parte di dipendenti del MiC che è colpevole, ai loro occhi, di svolgere con disciplina e onore i compiti istituzionali del dicastero” nonché di rinnegare la “logica esclusivamente mercantile” che muove i vertici politico e amministrativo del Collegio Romano. L’atto di sindacato ispettivo dei 4 parlamentari è connesso ad altre due interrogazioni, contestuali, legate a singoli casi clamorosi, rispetto alle quali la terza fa il punto della situazione e paventa certe prevedibili evoluzioni. L’11 novembre 2021, infatti, dopo la presentazione della relazione dell’Osservatorio Nomisma “Arte: il valore dell’industry in Italia”, promossa dal “Gruppo Apollo” in collaborazione con Intesa Sanpaolo, la tavola rotonda “Tutela e valorizzazione del mercato dell’Arte, scenari e prospettive” ha visto, tra i relatori facenti capo al MiC, il Ministro stesso, il Capo di Gabinetto, il Comandante Generale dei Carabinieri TPC e il direttore delle Gallerie degli Uffizi. Tutti sono stati chiamati a commentare le ricadute operative degli articoli 176-177 della L. 124/2017, a suo tempo predisposti dallo stesso Franceschini a modifica dell’art. 68 del “Codice dei beni culturali e del paesaggio” su pressione della lobby dei mercanti d’arte.
Visibilmente a disagio per i ‘rimproveri’ delle maggiori sigle di operatori economici del settore, che con il MiC siedono al tavolo del “Progetto Apollo”, sia Franceschini sia Lorenzo Casini hanno imputato all’ostruzionismo dell’apparato burocratico la non completa e soddisfacente attuazione della legge suddetta, assicurando però che lo sforzo per sburocratizzare – cioè depotenziare – sarà incrementato e favorito dal Recovery Fund. In realtà, casi come la recentissima uscita dall’Italia de “Il Miracolo delle quaglie” di Jacopo Bassano o il mancato recupero del “Ritratto del principe Camillo Borghese” di F. Gérard contribuiscono ad indebolire la credibilità dello Stato in tema di tutela del patrimonio culturale. Altrettanto fa l’uso sempre più spregiudicato, da parte di Franceschini e Di Maio, dei prestiti all’esterno come soft power della diplomazia italiana: sintomi di un lassismo dei vertici del MiC nell’adempiere ai proprî compiti istituzionali che rafforza gli operatori economici nella loro pretesa di imporre il “liberi tutti”.
La causa di certe sviste imperdonabili degli uffici esportazione non è però dolosa né ha a che fare con i presunti “rallentamenti” e “resistenze” opposti a Franceschini dalle strutture statali che davanti alla platea di Palazzo Rospigliosi faticava a chiamare “mie”. Sta invece nell’ormai esigua pianta organica tanto delle Soprintendenze ABAP, comprese quelle presso le quali sono attivati gli uffici esportazione, quanto del Servizio IV della direzione generale ABAP, con particolare riferimento agli addetti al SUE. Avere depotenziato tali uffici e averli sguarniti senza garantire il turn over non poteva che produrre anche le clamorose distrazioni viste dal 2015 in qua, destinate a ripetersi e aggravarsi in futuro. L’auspicata semplificazione rischia, infatti, di essere prodotta non tanto da una revisione normativa quale richiedono “Apollo” e altri deî pagani, inconciliabile con l’interesse pubblico, ma, ancor prima e peggio, dalla desertificazione dei ruoli tecnici e amministrativi del MiC, da affiancare con quelli politici (è l’auspicio espresso da L. Casini) persino nella redazione delle prossime circolari di attuazione della L. 124/2017, scrivendole a quattro mani con l’Ufficio Legislativo, organo politico del dicastero (sic). Corrado (M5S Senato – Commissione Cultura)