Landini e Bombardieri proclamano uno sciopero a beneficio di chi è stato sacrificato dai provvedimenti del governo che hanno trascurato i bisogni dei ceti più disagiati in base a un’analisi dei processi di impoverimento che rovescia l’ordine delle cause e degli effetti.
La CGIL ritiene che l’Italia, e chi la governa, non abbia dichiarato negli ultimi decenni la secessione, prima morale e poi economica. Questa è la vera ingiustizia. Questo non è molto difforme dal nazionalismo ad ampio spettro proprio della destra, in particolar modo della Lega che è ancghe riuscita da Bossi in poi ad erodere i consensi elettorali della Cgil.
A scandalizzare, in un sindacato progressista, dovrebbe essere un patto sociale fondato su un sistema di rendite e garanzie improduttive, destinato a impoverire gli stessi garantiti e a inaugurare la guerra tra i poveri. L’esempio è proprio rappresentato dalla spesa previdenziale – il frutto più caratteristico e più velenoso del welfarismo sindacale all’italiana – che si è dilatata a dimensioni abnormi, edificando un monumento mostruoso di iniquità sociali, di genere e generazionali e di pensioni insieme agevolate e miserabili, per cui è ormai impossibile distinguere la gravità del bisogno dallo stigma del privilegio.
La CGIL è sempre stata contro ai meccanismi redistributivi, perché non finalizzati a togliere ai ricchi per dare ai poveri.
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