Come giustamente evidenzia il quotidiano La Verità né dalla Gedi, né dalle agenzie di stampa o da altri organi di informazione era stato diffuso alcun comunicato sulla vicenda resa nota dal quotidiano diretto da Belpietro. Legittimo chiedersi quali siano state le cause che hanno portato alla clamorosa autocensura
Il sequestro preventivo di oltre 38 milioni subito dalla società editrice Gedi i cui fanno parte tra l’altro i quotidiani La Repubblica, La Stampa, Il Secolo XIX) vigilia delle feste natalizie è un’iniziativa della Procura di Roma che con l’avallo del gip, ai sensi della legge 231 del 2001, quella che punisce la responsabilità amministrativa delle società, ha bloccato una somma equivalente al massimo che l’accusa ritiene essere stata sottratta al bilancio dell’INPS per delle presunte irregolarità nelle procedure di prepensionamento di una settantina di dipendenti , operazione effettuata quando però la società editrice era ancora controllata, dalla Cir cioè la holding degli affari della famiglia De Benedetti.
Come giustamente evidenzia il quotidiano La Verità né dalla Gedi, né dalle agenzie di stampa o da altri organi di informazione era stato diffuso alcun comunicato sulla vicenda resa nota dal dal giornale diretto da Maurizio Belpietro. Legittimo chiedersi quali siano state le cause che hanno portato alla clamorosa autocensura. Ieri Andrea Griva direttore della comunicazione del gruppo Gedi , parlando con i colleghi de La Verità ha sottolineato una dimenticanza del loro articolo pubblicato il 31 dicembre : “Non ci sono commenti se non forse che poteva essere un servizio al lettore ricordare con maggiore precisione che si tratta di una vicenda originata dalla precedente gestione del gruppo Gedi (quando la proprietà era in capo ai De Benedetti, ndr) e quindi la fotografia dell’ingegner Elkann non sembrava essere in linea con la verità storica di questa vicenda. Posso aggiungere che la società continua a collaborare con gli inquirenti“.
Il fascicolo è in mano all’aggiunto della Procura di Roma Paolo Ielo e al pm Francesco Dall’Olio in relazione ad una presunta truffa ai danni dell’Inps legata al prepensionamento di dirigenti e altri dipendenti di Gedi e della concessionaria pubblicitaria Manzoni che non avrebbero avuto diritto al beneficio e che per questo sono stati demansionati o trasferiti per ottenere lo scivolo. La notizia del sequestro della Procura di Roma, seppur tacitata e nascosta, ha fatto rapidamente il giro di tutti i giornali. Compresa La Repubblica, edita dal gruppo Gedi. In passato il gruppo Gedi in quanto quotato in Borsa sarebbe stato costretto a rendere pubblica la notizia . Ma dopo l’acquisizione dalla Cir l’89 per cento delle azioni della casa editrice, la Gedi per decisione della nuova proprietà del gruppo cioè la Exor della famiglia Elkann-Agnelli) è stata “delistata” cioè è uscita dalla Borsa italiana di Piazza Affari. Per questo motivo l’obbligo delle comunicazioni al mercato è venuto meno in quanto non dovuto.
L’avvocato della società editrice, l’ex ministro della Giustizia Paola Severino si sarebbe affrettata a far aprire un conto bancario vincolato su cui Gedi avrebbe già versato i fondi oggetto del sequestro, evitando in tal modo che venissero colpiti i patrimoni personali degli indagati.