Giuseppe Conte decade da leader del Movimento 5 Stelle. Come confermato dall’avvocato Lorenzo Borrè, legale che ha sostenuto il ricorso di 3 militanti M5S, “il Tribunale Civile di Napoli, in sede di reclamo, ha disposto la sospensione dell’efficacia delle votazioni con cui nell’agosto 2021 è stato modificato lo statuto del Movimento 5 stelle e anche l’elezione di Giuseppe Conte alla presidenza, carica prevista dallo stesso statuto”.
I tre militanti che hanno presentato ricorso lo hanno fatto in rappresentanza di diverse centinaia di iscritti, che hanno partecipato al pagamento delle spese legali attraverso una raccolta di fondi.
Come spiega il ‘Corriere della Sera’, il nodo cruciale affrontato dai giudici riguarda l’esclusione dal voto che portò all’elezione di Conte degli iscritti al Movimento 5 Stelle da meno di 6 mesi. Per il Tribunale questa esclusione è “illegittima”, dal momento che “ha determinato l’alterazione del quorum assembleare”. La modifica al regolamento “risulta adottata sulla base di un’assemblea formata da soli 113.894 iscritti (quelli da più di 6 mesi) in luogo dei 195.387 associati iscritti a quella data”. Quindi oltre 80.000 attivisti sono stati esclusi indebitamente dal voto.
Lo stesso avvocato Lorenzo Borrè ha rilasciato ulteriori dichiarazioni per spiegare cosa è successo e cosa succederà in “casa” M5S: “Decade la carica di Conte, in primo luogo. In secondo luogo emerge l’incompatibilità di alcune attuali cariche negli organi di garanzia, con le restrizioni previste dal precedente statuto, che è ritornato in vigore: il precedente statuto, infatti, esclude che dette cariche possano essere ricoperte da soggetti che rivestano incarichi istituzionali”.
“Anche i 5 vicepresidenti decadono, essendo cariche non previste dal vecchio statuto. Il M5S si trova all’anno zero con l’azzeramento delle sue cariche. Unica via di uscita, la costituzione del Comitato direttivo. Altre fughe in avanti, insistendo con le procedure già annullate dal Tribunale, rischiano di porre il Movimento 5 Stelle su un binario morto. In questo momento la guida non c’è, il M5S è stato totalmente decapitato“.
Come spiega ‘La Repubblica’, nei fatti ora Giuseppe Conte non è più presidente del M5S, né esistono più sul piano formale i vicepresidenti e i responsabili dei comitati e lo Statuto stesso. Resta solo il garante che c’era prima, ossia Beppe Grillo, e sul piano formale torna il reggente precedente, cioè Vito Crimi. Ma non si può tornare allo status quo precedente. Vito Crimi non può più essere il reggente, perché nel frattempo il comitato di garanzia si è dimesso (c’è chi però sostiene la validità del vecchio ordinamento). I nuovi tre membri (di cui uno, Luigi Di Maio, dimissionario) sono però incompatibili con il ruolo secondo le norme che erano presenti nel vecchio statuto.
Quindi il Movimento allo stato attuale si trova senza un leader e senza un comitato di garanzia. Restano in carica solo i tre membri del collegio dei probiviri. Beppe Grillo è sempre il garante e toccherà a lui sbrogliare la situazione. Ora si dovrà votare per l’organo collegiale a cinque – il comitato direttivo – che era stato approvato dagli iscritti lo scorso febbraio. E probabilmente il voto potrebbe tenersi sulla piattaforma Rousseau, proprio per non incorrere in altre contestazioni. Non solo l’occasione per il voto per l’organo collegiale è un altro ostacolo sulla strada di Conte: mentre a luglio le divisioni interne al partito erano ai minimi storici, ora l’ex premier potrebbe dover fronteggiare un comitato direttivo restio a cedergli il passo.
La nomina di Conte al vertice del Movimento è del tutto decaduta. Infatti, la delibera che lo nominava presidente va sospesa in attesa dell’esito del giudizio di merito. Il tribunale dovrà quindi poi esprimersi in merito alla legittimità delle modifiche che ha oggi contestato.
I ricorrenti, soddisfatti del risultato, hanno parlato di “democrazia ripristinata”. Gli attivisti 5 stelle che a ottobre 2021 avevano presentato ricorso affermano: «Si è così ripristinato il principio della necessità della partecipazione di tutti gli iscritti. La parità dei diritti è una pietra angolare del partito e non può trovare deroga alcuna. Adesso confidiamo in un processo partecipativo aperto. Chi ha sbagliato si faccia da parte».