Il famoso `rosso pompeiano`che caratterizza il colore delle ville di Ercolano e Pompei, in origine era un giallo ocra, che a sua volta è stato modificato dai gas dell`eruzione vesuviana.. Si è potuto arrivare a ciò, grazie ad una ricerca condotta da Sergio Omarini dell`Istituto nazionale di ottica del Consiglio nazionale delle ricerche (Ino-Cnr) di Firenze. “Grazie ad alcune indagini abbiamo potuto accertare che il colore simbolo dei siti archeologici campani, in realtà, è frutto dell`azione del gas ad alta temperatura la cui fuoriuscita precedette l`eruzione del Vesuvio avvenuta nel 79 d.C.”, spiega Omarini. “Il fenomeno di questa mutazione cromatica era già noto agli esperti, ma lo studio realizzato dall`Ino-Cnr e promosso dalla Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei in collaborazione con l`Università `Suor Orsola Benincasa` di Napoli ha finalmente permesso di quantificarne la portata, almeno ad Ercolano”. L`immaginario delle due antiche città, almeno dal punto di vista cromatico, va insomma ribaltato. “Le pareti attualmente percepite come rosse sono 246 e le gialle 57, ma stando ai risultati in origine dovevano essere rispettivamente 165 e 138, per una area di sicura trasformazione di oltre 150 metri quadrati di parete”, prosegue il ricercatore. “Questa scoperta permette di reimpostare gli aspetti originari della città in modo completamente diverso da quello conosciuto, dove prevale il rosso appellato appunto `pompeiano`”. Il risultato verrà presentato in occasione della VII Conferenza nazionale del colore, che si terrà oggi e domani a Roma Presso l`Università `La Sapienza` (Facoltà di ingegneria, via Eudossiana, 18). “Il rosso anticamente si otteneva con il cinabro, composto di mercurio, e dal minio, composto di piombo, pigmenti più rari e costosi, utilizzati soprattutto nei dipinti, oppure scaldando l`ocra gialla, una terra di facile reperibilità”, conclude il ricercatore. “Quest`ultimo effetto, descritto anticamente da Plinio e Vitruvio, si può percepire anche ad occhio nudo nelle fenditure che solcano le pareti rosse di Ercolano e Pompei”. Le indagini, sono state condotte con strumenti non invasivi: lo spettrofotocolorimetro per misurare il colore e la fluorescenza X che ha consentito di rivelare la presenza di elementi chimici per escludere il minio e cinabro.
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