Ancora forti le diseguaglianze tra Nord e il Sud, che da una recente stima dell’Istat, si configura come la parte d’Italia più povera. Ed infatti nel Mezzogiorno sono povere 23 famiglie su 100, al Nord 4,9 (dati 2010). Il 67% delle famiglie e il 68,2% delle persone povere risiedono nel Mezzogiorno. Lo rileva il rapporto annuale Istat riferendo i dati della povertà relativa, che riguarda la spesa media effettuata dalle famiglie.
Dai dati dell’Istat emerge infatti che sono scarse al sud le possibilità di migliorare rispetto al passato. Sulle nuove generazioni pesa la bassa fluidità sociale. E’ quanto dichiara l’Istat segnalando “disuguaglianze nelle opportunità degli individui”. Il dato più allarmante è la difficoltà di un’escalation sociale. Solo l’8,5% di chi ha un padre operaio, infatti, riesce ad accedere a professioni apicali.
Il sommerso in Italia vale fra 255 e 275 miliardi, cioè fra il 16,3% e il 17% del Pil. Lo stima l’Istat nel suo rapporto annuale, con riferimento al 2008. Il dato è in riduzione rispetto al Duemila, quando il peso sul Pil era oltre il 18%. Con la crisi l’area dell’economia sommersa si è “verosimilmente allargata”.
A destare forti preoccupazioni, anche i salari. Tra il 1993 e il 2011 le retribuzioni contrattuali in Italia non sono aumentate. E’ quanto si legge nel Rapporto annuale Istat secondo il quale la crescita per le retribuzioni di fatto è stata di quattro decimi di punto l’anno.
Per quanto riguarda l’occupazione invece, il numero di chi lavora regolarmente, è aumentato tra il 1995 e il 2011 di 1,66 milioni di unità (+7,8%) ma la crescita si è concentrata solo nel Centro Nord mentre il Sud ha fatto un passo indietro (da 6,4 a 6,2 milioni di lavoratori).. Nello stesso periodo l’occupazione nei paesi Ue15 è aumentata di 24,7 milioni di unità (+16,6%). Tra il 1993 e il 2011 gli occupati maschi sono scesi di 40.000 unità mentre le occupate sono passate da 7,6 a 9,3 milioni (1,5 mln in più nel Centro Nord, 196.000 al Sud).