Per dipingere i Cinque Stelle e il suo leader Giuseppe Conte può essere utile partire dal ritratto tagliente di Alessandro Sallusti: ‘Qualcuno può davvero pensare che un signore che ha fatto due volte il premier, che ha partecipato orgoglioso, collaborativo e a favore di fotografi e telecamere ai vertici tra i grandi d’Europa e del mondo, che durante il suo mandato ha alzato le spese militari e scambiato piaceri con l’America al punto da meritare pubblici ringraziamenti, insomma è possibile che uno così si sia improvvisamente convinto che l’Italia debba tradire impegni e alleanze internazionali per non dare quattro fucili a un paese amico e sofferente. Non penso proprio, credo che nella sua immensa e non supportata ambizione di esistere politicamente Giuseppe Conte stia solo per fare la mossa della disperazione personale, altro che spirito ideale. Se come pare oggi proporrà ai suoi di non votare il rinnovo dell’invio di armi all’Ucraina non passerà alla storia come Salvatore dell’Ucraina né della pace, non dell’Italia né della sua economia bensì come affossatore di ciò che rimane della credibilità grillina come partito di governo. Certo, attorno a lui si stringerà quella piccola compagnia di grillini scappati di casa che ancora credono di essere in grado di “aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno”, avrà dalla sua i tromboni dell’odio contro l’Occidente reduci di antiche battaglie e freschi di notorietà televisiva, ma nessuno che possa aiutarlo a vendicarsi – per questo è il suo vero obiettivo – di non essere più Primo Ministro dell’Italia’.
Al conclave di domenica non è successo nulla di serio ma c’è da dire che ora i M5s sono bivalenti: contiano e dimaiano, oltre a un gruppo ricco di posizioni individuali, tutte accomunate dal terrore di conoscere la sconfitta, l’irrilevanza e l’estinzione. Troppo complicato cacciare il ministro degli Esteri, troppo pericoloso giocare con le armi a Kiev.
Giuseppe Conte ancora una volta ha sparato ad acqua, sull’Ucraina il governo non rischia perché Conte sa bene che i parlamentari grillini vogliono far passare, oggi in Senato, domani alla Camera una mozione di maggioranza sufficientemente di mediazione per essere votata da tutti.
Di vero e di reale c’è solo che il Movimento Cinque Stelle è distrutto, è arenato. Il giocattolo politico si è rotto per sempre. Ne hanno combinate di tutti i colori, hanno rinverdito la tradizione del populismo e del qualunquismo italiano, hanno abbaiato alla luna di una immaginaria nuova politica, hanno illuso grandi masse, si sono alleati con gli xenofobi e con i progressisti, hanno occupato pezzi di Stato e cambiato il lessico politico intrecciandolo con la celebrazione dei clic, sono rimasti sostanzialmente degli ignoranti della sintassi democratica: e oggi eccoli lì nel loro ultimo rantolo finale, senza più voti, in preda a una guerra civile interna, un incubo che svanisce dopo l’ubriacatura dell’antipolitica lasciando sullo sfondo la figura di un uomo dalle idee vaghe, quell’avvocato del popolo che ha dilapidato qualsiasi cosa sull’altare del potere, un personaggio in sé effimero e conformista.
L’avvocato del popolo ha un unico salvagente, dato dall’alleanza con il Pd che potrebbe garantirgli un seggio parlamentare. Di Maio, ormai punto di riferimento fortissimo di parte dei grillini, in procinto, forse, di fare un M5s 2.0.
Di Maio magari andrà altrove a coltivare il suo orticello – nell’Ulivetto di Enrico Letta uno spazio si trova – mentre sul futuro di Conte cala il buio. Il razionalismo politico di Mario Draghi ha definitivamente svelato la pochezza dei pentastellati.
Dove andranno i consensi di quattro anni fa è una incognita e non è facile dare una risposta adesso.
Questo governo non cadrà visto che deputati e senatori, anche i pochi rimasti al fianco di Conte, non hanno ancora maturato la pensione e siccome sul mercato del lavoro valgono zero dimettersi per la pace è un lusso che non possono permettersi. Il secondo motivo è che un Paese che cade sul tradimento di accordi internazionali è un Paese destinato a essere sepolto ben presto dalle macerie. Con o senza Conte e i contiani quindi Draghi andrà avanti, i numeri ci sono.