A settembre, si sa, arriva l’autunno, che porta sempre un bel carico di malattie stagionali. Tra le quali è di ritorno il virus responsabile della “influenza australiana”. Che però, anche grazie al Covid, non deve far paura.
Se c’è una cosa nella quale il Covid ci ha migliorato è la capacità di riconoscere velocemente i virus influenzali.
Ecco perché di fronte al ritorno dell’ormai conosciuta “influenza australiana”, chiamata così data la vasta diffusione raggiunta nei Paesi dell’Oceania, gli scienziati non si sono fatti trovare impreparati.
I primi casi sono stati già rintracciati, tre a Bologna e uno a Genova. E proprio nel capoluogo ligure i tecnici del Laboratorio di Igiene del Policlinico San Martino sono riusciti a sequenziare, per la prima volta in Italia, il virus influenzale H3N2.
L’influenza australiana, a parte il nome, non ha grandi differenze con altri ceppi virali.
Come spiegato da Fabrizio Pregliasco, docente di Igiene all’università Statale di Milano, i sintomi sono sempre gli stessi: “la vera influenza continua a riconoscersi per tre cose: inizio brusco della febbre, almeno un sintomo generale, almeno un sintomo respiratorio”.
Cioè che preoccupa però non è tanto l’arrivo di questa influenza di per sé, quanto il fatto che andrà di pari passo ad altre problematiche presenti e irrisolte, una su tutte il Covid.
Le epidemie si presentano solitamente quando iniziano gli sbalzi termici, e si assestano quando il freddo si stabilizza, verso gli inizi di novembre.
Questo vuol dire che i casi attuali sono solo avvisaglie che noi, grazie alle nuove capacità dei laboratori di analisi, siamo in grado di cogliere in anticipo rispetto al passato.
Questa influenza andrà sicuramente a sovrapporsi con gli strascichi del Covid, in quella che gli scienziati chiamano “Twindemic” (epidemia gemella).
Come sempre la raccomandazione è quella di prevenire i sintomi con le vaccinazioni antinfluenzali, sia per le fasce più giovani della popolazione che per le più anziane.