Al termine del vertice europeo che ha riunito i presidenti degli Stati membri a Praga per una tre giorni di colloqui e confronti non ufficiali, il premier Mario Draghi è rientrato in Italia molto più soddisfatto rispetto alle precedenti uscite comunitarie. È stato il penultimo viaggio dell’ex capo della Bce nelle vesti di presidente del Consiglio: prima di salutare tutti e chiudere l’esperienza di governo dovrà ancora volare a Bruxelles il prossimo 20 ottobre per prendere parte al Consiglio europeo.
Come confermato ai giornalisti che lo hanno atteso in sala stampa poco prima del rientro in aereo a Roma, il suo stato d’animo era decisamente più solare se paragonato con l’aria preoccupata e i nervi tesi che lo avevano accompagnato nei viaggi di ritorno delle precedenti trasferte. Un mutamento dovuto principalmente al fatto che questa volta il numero uno del governo ha riscontrato un marcato aumento di interesse da parte dei colleghi europei per la questione del prezzo delle forniture di gas. Un tema che in svariate altre occasioni era stato affrontato con sufficienza da diversi titolari delle cancellerie europee, a cominciare da quelle che invece oggi chiedono come più ardore di discuterne, ossia la Germania e la Spagna.
Chi invece ha sempre mostrato solidarietà nei confronti dell’Italia – partecipando attivamente ad una serie di riunioni congiunte per trovare una soluzione da proporre a tutti – sono state la Grecia, la Polonia e il Belgio. I rispettivi ministri della Transizione ecologica, assieme al nostro titolare del dicastero Roberto Cingolani, stanno limando una proposta che scanso equivoci, verrà illustrata dallo stesso Draghi in sede europea. A spiegarla è stato lo stesso ministro durante un’intervista rilasciata nelle ultime ore e trasmessa da una nota emittente radiofonica nazionale.
“Penso che riusciremo a portare a casa la nostra ultima proposta, che prende il nome di Dynamical price cap. Si tratta di un meccanismo che si basa sui migliori indici di mercato – ha illustrato Cingolani – tramite cui viene definita una forchetta che, di fatto, determina un tetto al prezzo del gas sopra cui non è possibile andare”. La sua fiducia ha contagiato molti esponenti della prossima maggioranza di centrodestra e anche la stessa Giorgia Meloni, che lo tiene costantemente contattato e che sta trascorrendo questa prima fase post voto nel silenzio più totale per il terrore di ciò che l’aspetta una volta insediata sullo scranno più alto dell’esecutivo.
Eppure, analizzando la situazione nel dettaglio, pare che ancora non ci sia molto di cui rallegrarsi né a livello italiano né in sede sovrannazionale. Questo principalmente perché niente è ancora stato scritto e per ora si continua a trattare ad oltranza senza però che nulla venga messo nero su bianco da parte di nessuno. Ad ascoltare i più arcigni contestatori del governo uscente, chi dovrebbe prendere un’iniziativa forte a livello comunitario è Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, che presiede tutti i vertici con gli Stati membri e pare stia mediando tra le diverse posizioni in campo.
Da parte sua però in tutte queste settimane è emersa una titubanza di fondo, frutto della volontà di non inasprire troppo i rapporti con la Germania, che per lei dopo tutto rimane anche il Paese di origine. Ma Berlino ha già fatto di testa propria sulla questione del caro energia stanziando circa 200 miliardi di euro da destinare alle aziende tedesche (che ora pagheranno l’elettricità molto meno di quelle italiane, creando un evidente squilibrio di mercato come mai prima d’ora) e quindi la titolare dell’istituzione europea non permetterà nuove fughe in avanti anche sul tema del gas da parte di Olaf Scholz e del suo gruppo di governo.
Nonostante ciò, ormai da tempo tutti sanno che comunque la Germania – anche in questo stato di emergenza globale – continua a guardare ai propri interessi e a pagare il gas proveniente dalla Russia ad un prezzo molto più basso rispetto agli altri acquirenti. Questo in virtù dei rapporti privilegiati e consolidati ormai da tanto tempo con la multinazionale russa Gazprom, leader mondiale nel settore del metano. Parliamo di colei che ha costruito il gasdotto Nord Stream I facendo arrivare per anni (fino allo stop di quattro settimane fa) il prodotto nelle case di tutto Europa. Ed è sempre lei ad aver realizzato anche il gemello Nord Stream II, anche se poi da lì non è mai arrivato nulla né ai tedeschi né a nessun altro.
Tutto questo in una situazione in cui proprio una rappresentante del governo di Berlino negli scorsi giorni ha usato parole quanto mai chiare per definire lo stato di isolamento dell’Italia di cui, a quanto pare, non sembra preoccuparsi il nostro (ormai ex) premier. Franzisca Brantner, sottosegretaria all’Economia, è stata molto chiara nel descrivere le storture che tutt’ora persistono nel Vecchio Continente. In un’intervista apparsa nel nostro Paese, ha risposto senza sottrarsi alle spinose questioni che riguardano le singole azioni che molti i Paesi membri stanno portando avanti in autonomia da Bruxelles.
Queste le sue risposte: “Bisogna considerare che attualmente la situazione del gas nei Paesi è molto diversa. Nonostante le molte critiche che ciclicamente sento, non solo da parte degli italiani, in merito al nostro operato, Spagna e Francia hanno già introdotto un proprio limite al prezzo del gas mentre noi non l’abbiamo mai fatto. Al momento non c’è ancora un’intesa per un tetto comune e non escludo che si possa procedere così, senza arrivare ad una soluzione condivisa. Ma noi di certo garantiamo lealtà a Roma come a tutti gli altri e ci adopereremo in tutte le riunioni per far sì che nessuno possa sentirsi discriminato”.
La speranza ora è che Mario Draghi conservi il sorriso anche dopo l’ultimo suo vertice europeo a Bruxelles, mentre da parte di Giorgia Meloni c’è da scommettere che la sfida dei rapporti con Berlino non sarà semplice, così come con tutte le altre cancellerie. Presto toccherà a lei volare ai vertici, magari al suo fianco ci sarà ancora una volta lo stesso Roberto Cingolani.