Andrea Crisanti, rinuncia allo stipendio da senatore per mantenere quello da ricercatore universitario. Polemiche

Andrea Crisanti  in mezzo alle polemiche. Il neoparlamentare del Pd eletto nella circoscrizione Estero torna a far parlare di sé per la rinuncia allo stipendio da senatore: continuerà a mantenere quello da medico e ricercatore universitario.

Una decisione dettata da una questione di convenienza sui contributi previdenziali. Dopo la diffusione della notizia l’Azienda ospedaliera della città veneta ha però voluto chiarire attraverso un comunicato come stanno le cose.

Lo scienziato dell’ateneo padovano ha spiegato al ‘Corriere del Veneto’ che dopo l’elezione in Parlamento ha dovuto scegliere se mantenere la sua retribuzione in qualità di direttore del laboratorio di Microbiologia e Virologia, oltre che di professore e ricercatore, o passare a quella garantita dal Senato.

Non potendo cumulare le due buste paga, ha sottolineato, ha optato per restare con il suo classico stipendio. Il professore, che ha 68 anni e potrà andare in pensione a 70, ha precisato che preferisce rinunciare alla nuova retribuzione proprio “per motivi contributivi e di continuità nel versamento previdenziale”. “Me lo hanno consigliato in Senato”, ha rivelato: “È una cosa che fanno molti magistrati, è una prassi normale. Non cambia molto come importo, ma per la pensione conveniva. È una cosa legittima, consentita dalla legge”.

Ricordando di ricoprire “una posizione apicale sia all’Università che in Azienda ospedaliera”, Crisanti ha confermato di guadagnare una somma “interessante”. “Ma non è che sono stato lì a contare le centinaia di euro”, ha puntualizzato.

Pur essendo stato eletto, Crisanti ha ribadito di non voler abbandonare del tutto la sua “vocazione”. “Accanto all’attività politica posso continuare a fare ricerca e a insegnare“, ha evidenziato, precisando comunque che intende privilegiare “il lavoro in Parlamento” per “l’impegno preso con gli elettori. Ne parlerò nel dettaglio più avanti, intanto però ho promesso agli italiani all’estero di cercare di risolvere una serie di problemi. E su questo versante voglio lavorare intensamente. Io ho diritto a percepire lo stipendio che prendevo un mese fa, non c’è discrezionalità poi se a qualcuno scoccia, questo è un altro paio di maniche. Ma io posso continuare a fare didattica e ricerca e mi devono pure pagare. Sono ancora a tutti gli effetti un professore dell’Università di Padova e un dirigente dell’Azienda ospedaliera, piaccia o non piaccia”.

Secondo le indiscrezioni la decisione di Andrea Crisanti legata allo stipendio avrebbe creato qualche malumore tra i corridoi dell’Azienda ospedaliera di Padova. Tanto che la struttura ha diffuso una nota per chiarire la vicenda.

“Non erogheremo compensi in assenza del lavoro del professor Crisanti – si legge nel comunicato – Il trattamento economico del docente in aspettativa è infatti dovuto dall’amministrazione di appartenenza, l’Università degli Studi di Padova, la quale riceve dall’Azienda ospedaliera una quota economica sulla base dei servizi effettivamente garantiti”.

Nella nota viene specificato che “gli importanti impegni del professore in Senato non possono prescindere da un’aspettativa dal lavoro precedente: venendo meno l’impegno medico e professionale a favore dell’Azienda ospedale Università di Padova, si preclude di conseguenza ogni impegno economico da parte della stessa Azienda”.

Dunque lo stipendio al direttore di Microbiologia potrà essere garantito solo nel caso di una “effettiva attività per erogare servizi ai pazienti dell’ospedale padovano”.

Andrea Crisanti, direttore del Dipartimento di Medicina molecolare dell’Università di Padova è diventato noto fuori dagli ambienti accademici durante la prima ondata di coronavirus in Italia.

Il virologo è stato candidato dal Pd come capolista al Senato nella circoscrizione Europa, in cui il Partito Democratico è risultato la forza politica più votata, con il 41,75% delle preferenze e ben 235.622 voti.

E’ stato eletto da 35.962 elettori.

L’esperto di Covid ha parlato della soddisfazione per essere stato eletto che “cede allo sconforto per il risultato generale”, decisamente non in linea con le aspettative dei dem, che contavano su “un’affermazione maggiore“.

“Io mi sono impegnato al massimo. Era la mia prima campagna elettorale e non era facilissimo”. Ma quello ottenuto è stato “un buon risultato”.

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