La manovra di bilancio decisa dal governo Meloni potrebbe avere ripercussioni inaspettate sulle pensioni. Nonostante gli annunci trionfali da parte dei membri dell’Esecutivo, infatti, non tutti sono soddisfatti. E c’è chi rischia di vedere un assegno mensile decisamente più povero del previsto.
Pensioni minime in aumento: a quanto ammonta l’assegno mensile
Rivalutazione delle pensioni tagliata: chi ci perde e chi ci guadagna
Conte e sindacalisti contro il Governo: “Anziani trattati come bancomat”
Pensioni minime in aumento: a quanto ammonta l’assegno mensile
Nella documento approvato dal Consiglio dei Ministri, che ora dovrà essere approvato dal Parlamento, e dunque non è detto che venga attuato nella forma attuale, una capitolo riguarda le pensioni minime.
Oggi sono fissate a 524 euro, e sarà riconosciuto un adeguamento fissato al 120%, più alto di quanto preventivato inizialmente. Con l’inflazione al 7,3%, gli importi minimi cresceranno dunque dell’8,76%.
In sostanza l’importo della pensione minima arriverà a 571,40 euro al mese, pari a 7.428,20 euro in un anno, considerando la tredicesima. Ma le buone notizie si fermano qua.
Rivalutazione delle pensioni tagliata: chi ci perde e chi ci guadagna
Per chi è oltre la soglia dei 2.100 euro lordi al mese, cioè circa 1.700 euro netti, la rivalutazione calerà in maniera progressiva.
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Il nuovo meccanismo biennale di indicizzazione è pensato su 6 fasce, come quelle usate dal governo Letta, che andranno a sostituire le attuali 3 del governo Draghi, già utilizzate con Prodi a Palazzo Chigi.
Oggi l’indicizzazione è al 100% per gli importi fino a 4 volte il minimo, al 90% per gli importi tra 4 e 5 volte il minimo e al 75% per i trattamenti superiori. Ma con la manovra cambia tutto, e sopra i 2.100 euro l’adeguamento calerà in maniera progressiva.
100% fino a 2.100 euro lordi (4 volte la pensione minima), con un aumento degli assegni del 7,3%.
80% fino a 2.620 euro lordi (5 volte la pensione minima), con un aumento degli assegni del 5,84%.
55% fino a 3.144 euro lordi (6 volte la pensione minima), con un aumento degli assegni del 4,01%.
50% fino a 4.192 euro lordi (8 volte la pensione minima), con un aumento degli assegni del 3,65%.
40% fino a 5.240 euro lordi (10 volte la pensione minima), con un aumento degli assegni del 2,92%.
35% oltre i 5.240 euro lordi, con un aumento degli assegni del 2,55%.
Sopra i 2.100 euro lordi, insomma, i pensionati subiranno una perdita secca, per il mancato adeguamento degli assegni all’inflazione, che arriverà a oltre 2.600 euro all’anno per la fascia più alta.
Niente pensioni più alte, come annunciato durante la campagna elettorale. E siamo ancora ben lontani da 1.000 euro di pensione minima promessi da Forza Italia e da Fratelli d’Italia.
Conte e sindacalisti contro il Governo: “Anziani trattati come bancomat”
Il nuovo sistema di perequazione dei trattamenti pensionistici permetterebbe al Governo di risparmiare oltre 2 miliardi, ma l’operazione non piace ai sindacati e alle opposizioni.
Giuseppe Conte ha dichiarato che “con un piccolo espediente” l’Esecutivo “fa credere che le pensioni minime crescano un po’, di 25 euro in due anni” ma “preleva dalle pensioni 3 miliardi. Stanno facendo cassa sui pensionati“.
Ivan Pedretti, dello Spi-Cgil, ha dichiarato che la manovra di bilancio del governo Meloni “si finanzia con il taglio della rivalutazione delle pensioni e con la tassazione degli extra profitti, peraltro già prevista e solo in parte aumentata”.
Aggiungendo che “i pensionati italiani vengono trattati come un bancomat e alla stregua di aziende che fatturano miliardi di euro”.
“Pensioni da 1.500 euro netti al mese, frutto di oltre 40 anni di lavoro e di contributi versati, vengono fatte passare per ricche.Il meccanismo di rivalutazione, una conquista del sindacato, cancellato e riscritto senza uno straccio di confronto”, ha sottolineato.
“Con questi soldi fanno condoni, aumentano il tetto del contante, favoriscono i furbi e gli evasori. Ci faremo sentire”, ha concluso in un comunicato diffuso dal sindacato stesso.