Nell’approccio alla lettura del libro di Roberto Cristiano ci si deve allontanare dai canoni costruiti della narrativa contemporanea. Si rompe lo schema classico del romanzo tout court, si entra a piede teso in una danza di personaggi che appartengono alla quotidianità della rete emotiva ed esistenziale di tutti noi umani in perfetta polifonia di genere: uomini versus donne, universi paralleli, universi distanti, universi che comunicano spesso per schemi stabiliti, per stereotipi culturali, per tipologia di ruoli e di ambienti sociali.
L’autore con la sua scrittura pare voglia comunicarci la estrema difficoltà di conoscere l’altro al di là delle convenzioni sociali e la bizzarria della propria, esclusiva natalità e genere. Un libro non facile per la sua essenza spesso quasi “diaristica “di eventi e di situazioni, tutte sottese però a lasciarci coinvolgere dalle vite dei due protagonisti. Ci siamo, ecco ,i due protagonisti che danzano i passaggi della vita adulta dediti, spesso, in una prima lettura superficiale, a imparare l’arte straordinaria e spesso impossibile della comunicazione. In un dialogo serrato, logorroico, errabondo e personalistico i due personaggi si incontrano, si piacciono, si snobbano, si sfottono, si osservano, si godono l’attimo fuggente della quotidianità adulta fatta di attrazioni, passione, disincanto e cautela.
Ciascuno reca con sé esperienze sentimentali finite, esperimenti del vivere intraprese sul campo professionale e sociale, un’amara risultanza di momenti non felici, alla ricerca di un qualcosa che non si definisce e si riequilibra se non lasciandosi andare alla storia che, ipso fatto, vivono entrambi, nella ricerca marchiana di sentirsi bene con se stessi e con il mondo intorno a loro. In primis le famiglie d’appartenenza, definite, tratteggiate nei particolari, con i pregi e i difetti, e poi con lo scenario che li accomuna entrambi: la città di Napoli che ancora una volta, mistero nel mistero, registra giorno dopo giorno, mese dopo mese, il successo e e le difficoltà della loro relazione adulta, matura, strizzando l’occhio comunque ad amenità goderecce del passato storico partenopeo con storie nelle storie.
Tra un dialogo e l’altro così riconosciamo, stupefatti e sorridenti, le storie e le leggende napoletane, il sacro e il profano, la storia dei templari e il mondo esoterico dei massoni del principe De Sangro, così come la nascita di Port’Alba, o quella del caffè Gambrinus.
Il Betta e la Betta, comunicano anche così raccontandosi le storie, del proprio popolo, una sorta di freudiana catarsi che serve a loro stessi per imparare a conoscersi e ad approfondire il mistero chimico e irragionevole dell’innamoramento e dell’attrazione. Traspare nel testo una irrequietezza del vivere temprata dal passaggio ironico e sottile della vita vissuta in un infinito presente, senza porsi obiettivi, senza rimpianti, un filo spiazzante ,mordace, dove l’ego infinito dei protagonisti,via via che gli eventi si delineano, si mitiga, e si indirizza verso l’altro.
C’è tutta la paura del vivere, la scorza dura dell’eterno fanciullino che lotta nell’animo dei due protagonisti rendendoceli simpatici e a tratti malinconici, c’è il mito della giovinezza che passa, nelle frasi che tratteggiano il loro narcisismo, e fa capolino, in vari capitoli ,la ricerca di una religiosità al di là delle pratiche usuali e delle devozioni clericali. Due personaggi sui generis, come da odierno vivere, slegati, confusi, e intimoriti, ma, forse, per questo “modus vivendi”, molto reali, palpabili, li incontri spesso, tutti i giorni, sono belli, benestanti, goderecci ma….. ci raccontano la realtà della vita, fatta di attimi, di ritmi, di finestre che si spalancano sulla luce del mondo, perché tutti noi abbiamo bisogno di luce e di futuro. Il betta e la betta ci provano con irriverenza e complicità.